Andare in pensione prima è penalizzante? Ecco come monetizzare al massimo stipendio e pensione futura

Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi di andare in pensione prima o di restare a lavorare ancora per qualche anno.
3 mesi fa
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In pensione a 63 anni o addirittura prima, ecco come si può fare subito
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Anticipare la pensione di qualche anno per un lavoratore è sempre penalizzante. Non solo perché la misura con cui un lavoratore decide di lasciare il lavoro prevede tagli lineari o ricalcoli contributivi che riducono l’assegno percepito. Nella stragrande maggioranza dei casi, anticipare la pensione è vantaggioso in termini di età di uscita, ma deleterio per l’importo della pensione.

Questo è uno dei motivi principali che spinge molti lavoratori a rimandare il pensionamento, rimanendo in servizio per molti anni. Un esempio è la pensione anticipata a 62 anni con la Quota 103.

Un nostro lettore ci ha chiesto qualcosa di simile: quali sono i vantaggi e gli svantaggi di andare in pensione prima rispetto a restare a lavorare ancora per qualche anno? Proveremo a rispondere a questa domanda.

“Salve, volevo un consiglio da parte di voi esperti previdenziali. Sono in prossimità dei 41 anni di contributi, che conto di completare entro la fine dell’anno. Poiché nel 2024 ho compiuto 62 anni, secondo voi mi conviene prendere al volo il treno della Quota 103? Ho seri dubbi sulle penalizzazioni. C’è qualcosa che dovrei sapere che possa aiutarmi in questa scelta che potrei pagare per il resto della mia vita?”

Andare in pensione prima è penalizzante? Ecco come monetizzare al massimo stipendio e pensione futura

Come dicevamo, ci sono lavoratori che si trovano davanti a un bivio: continuare a lavorare o andare in pensione. Questa scelta deriva dal fatto che anticipare la pensione può essere penalizzante. Tuttavia, ci sono lavoratori che preferiscono massimizzare il loro reddito lavorativo, inclusi gli ultimi stipendi. Andare in pensione prima è penalizzante? Ecco come monetizzare al massimo stipendio e pensione futura. Soprattutto se la misura che un lavoratore intende sfruttare è la Quota 103, come nel caso del nostro lettore.

La misura è stata prorogata fino al 31 dicembre 2024, ma i legislatori hanno deciso di trasformarla da mista a contributiva.

Fino al 2023, chi usciva con la Quota 103 non subiva tagli rispetto alle misure ordinarie, che sono a calcolo misto. Dal 2024, invece, la prestazione è contributiva, indipendentemente dalla carriera del lavoratore. Inoltre, il trattamento percepibile con la Quota 103 è limitato a 4 volte il trattamento minimo INPS, rispetto alle 5 volte precedenti.

Ecco il vantaggio sullo stipendio che spinge a restare al lavoro

Chi va in pensione con la Quota 103 perde qualcosa. Restando al lavoro, invece, si accumulano anni di contributi. Ad esempio, un lavoratore che posticipa l’uscita fino alla pensione anticipata ordinaria a 42 anni e 10 mesi di contributi versati, anziché uscire con 41 anni, otterrà un trattamento calcolato su un periodo più lungo, che risulterà più elevato.

La pensione nel secondo caso sarebbe più elevata, ancor di più se l’uscita con 41 anni è con la Quota 103, per via del ricalcolo contributivo della pensione. Massimizzare la pensione è quindi possibile, anche se richiede un rinvio dell’uscita rispetto a quando si è maturato il diritto alla pensione. In definitiva, tra chi sceglie la Quota 103 e chi rinvia l’uscita alla pensione anticipata ordinaria, i vantaggi sono evidenti.

Più anni di contributi e un montante maggiore su cui calcolare la prestazione; niente ricalcolo contributivo della prestazione e nessun limite di 4 volte il trattamento minimo. Inoltre, l’età di uscita influisce sul coefficiente che l’INPS utilizza per trasformare il montante contributivo in pensione, offrendo un ulteriore vantaggio a chi decide di posticipare l’uscita.

Andare in pensione anticipata con la Quota 103 e i vantaggi che si possono sfruttare restando al lavoro

Decidere di andare in pensione prima o di mantenere uno stipendio più alto è un altro vantaggio che i lavoratori possono considerare, facendo propendere la scelta per la permanenza al lavoro.

Con la proroga della Quota 103 nel 2024, è stato rinnovato anche lo sgravio contributivo noto come “Bonus Maroni.” Si tratta di uno sgravio che può essere sfruttato dal lavoratore che rimanda il pensionamento, anche se ha già completato i requisiti per la Quota 103.

Chi sceglie di restare al lavoro per sfruttare tutti i vantaggi menzionati può anche beneficiare della monetizzazione massima del proprio stipendio per tutti gli anni che restano prima di accedere alle pensioni ordinarie. Il lavoratore deve presentare una domanda all’INPS per richiedere l’applicazione di questo sgravio. In pratica, al lavoratore spetta uno stipendio più alto, poiché la parte di contributi a suo carico che versa mensilmente rimarrebbe in busta paga. Si tratta del 9,19%, che è l’aliquota contributiva a carico del lavoratore.

Questo sgravio è inferiore al 9,19% per coloro che beneficiano già del taglio del cuneo fiscale. Attualmente, l’aliquota contributiva dei lavoratori è ridotta da questo strumento di abbattimento del costo del lavoro, introdotto da anni. Molti lavoratori godono del taglio del cuneo fiscale pari al 3% per stipendi imponibili fino a 1.923 euro e al 2% per retribuzioni fino a 2.692 euro. A ciò si aggiunge il taglio aggiuntivo del cuneo del 4% introdotto dall’ultima manovra di bilancio, che riduce ulteriormente l’esborso per i lavoratori. Pertanto, lo sgravio previsto per chi sceglie di rimandare la pensione e monetizzare al massimo lo stipendio varia tra il 2,19% e il 3,19%.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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