Il decreto APE Social ha ufficializzato il debutto della pensione anticipata a costo zero a carico dello Stato ma ha anche contribuito a confermare limiti e paletti la cui violazione comporta la perdita del sussidio. Ben si comprende, quindi, quanto sia importante rispettare le condizioni e i requisiti che danno diritto all’Ape Social e che devono essere mantenuti non solo al momento della domanda ma anche durante l’erogazione dell’indennità. Tra i paletti figura, in particolare, l’impossibilità di andare all’estero se si usufruisce dell’Ape Social.
Perché chi ha diritto all’Ape Social deve restare in Italia?
Uno dei presupposti è infatti la residenza in Italia per tutto il periodo dell’Ape social che, ricordiamo, può avere una durata massima di tre anni e sette mesi. Una volta raggiunto il requisito anagrafico di 66 anni e sette mesi, i pensionati torneranno ad essere liberi di trasferirsi dove meglio credono per godere della pensione all’estero. Attenzione perché chi usufruisce dell’Ape Social senza averne diritto dovrà restituire le somme incassate più gli interessi legali.
Indirettamente, quindi, l’Ape Social punta a porre un freno al cd turismo previdenziale, ovvero quello dei pensionati all’estero in Paesi dove le tasse sono più basse che in Italia o il costo della vita meno caro.
Impossibile obiettare che subordinare l’Ape Social al vincolo della residenza in Italia è costituzionalmente illegittimo perché non si tratta di un importo previdenziale bensì assistenziale. Questo significa che la copertura economica per finanziare l’Ape Social non arriva dai contributi dei lavoratori ma dalle casse pubbliche. In altre parole siamo di fronte ad un aiuto statale. In quest’ottica, quindi, si comprende perché si vuole evitare che questo aiuto di fatto serva a finanziare l’economia di un altro Paese, europeo o no.