La recente sentenza n. 178/2024 emessa dal giudice del lavoro di Milano ha confermato la posizione dell’Inps che nega l’accesso all’ape sociale per i conviventi di fatto che assistono disabili gravi ai sensi della Legge 104/1992. La decisione evidenzia una disparità di trattamento che è ritenuta solo apparente rispetto ai coniugi e alle unioni civili, giustificata dall’”instabilità” associata alle convivenze di fatto.
Questa sentenza ha sollevato importanti questioni sulla parità di diritti tra diverse forme di convivenza, gettando luce su aspetti legali e sociali che richiedono un’attenta analisi.
Il caso in questione riguarda un lavoratore che dal 2020 convive di fatto con una persona affetta da un grave handicap, come riconosciuto dall’articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992. Questo lavoratore ha già usufruito dei benefici previsti dalla legge per l’assistenza e nel 2022 ha presentato una domanda di accesso alla pensione anticipata con riduzione del requisito contributivo (30 anni di contributi), sostenendo di soddisfare i requisiti delineati dalla Legge 232/2016.
La decisione del tribunale
La normativa pensionistica prevede riduzione dei contributi necessari per accedere alla pensione per coloro che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, un coniuge disabile in situazione di gravità. Il lavoratore ha sostenuto che tale normativa dovrebbe estendersi anche alle convivenze di fatto, come riconosciuto dalla Legge n. 76/2016, che ha introdotto il riconoscimento delle unioni civili e dei diritti connessi. Egli ha argomentato che, essendo già riconosciuti alcuni benefici della Legge 104 per i conviventi, l’ulteriore diritto all’ape sociale dovrebbe essere anch’esso applicabile.
Il Tribunale di Milano ha però stabilito che i rapporti tra conviventi e quelli tra coniugi o unioni civili non sono equiparabili. La corte ha sottolineato come, al termine di un matrimonio o di un’unione civile, emergano obblighi legali di assistenza e mantenimento, mentre la fine di una convivenza di fatto, che può essere revocata in qualsiasi momento e senza particolari complicazioni legali, non impone doveri sostanziali.
Ape sociale vietata al convivente di fatto: quali implicazioni
Questa differenza ha portato il tribunale a concludere che, mentre è possibile giustificare l’estensione dei diritti temporanei relativi all’assistenza durante la convivenza, l’accesso all’ape sociale presenta una questione diversa. Se un convivente che assiste un disabile potesse accedere all’ape sociale, beneficerebbe di un vantaggio permanente dall’Inps, pur avendo la possibilità di interrompere il rapporto in qualsiasi momento senza obblighi legali continuativi. Questo, secondo la corte, giustifica la decisione dell’Inps di escludere i conviventi di fatto dall’accesso all’ape sociale.
La sentenza del Tribunale di Milano solleva importanti questioni sulla parità di trattamento e sui diritti delle diverse forme di convivenza in Italia. Sebbene la legge riconosca già alcuni diritti ai conviventi di fatto, come i benefici legati all’assistenza, l’accesso all’ape sociale rimane esclusivo per i coniugi e le unioni civili. La giustificazione legale si basa sull’instabilità presunta delle convivenze di fatto, che non offrono le stesse garanzie di continuità dei rapporti coniugali o civili.
Questa decisione pone interrogativi sulla necessità di un adeguamento normativo che rifletta meglio la realtà delle convivenze moderne. Molte coppie scelgono di convivere senza formalizzare legalmente il loro rapporto per vari motivi personali, economici o culturali. Tuttavia, queste coppie possono trovarsi in situazioni in cui l’assistenza reciproca diventa una necessità pratica e morale, simile a quella di coniugi o partner civili.
Riassumendo
- La sentenza 178/2024 nega l’ape sociale ai conviventi di fatto che assistono disabili gravi.
- La disparità è giustificata dall’instabilità legale delle convivenze rispetto a matrimoni e unioni civili.
- Il caso riguarda un convivente che assiste un disabile grave e ha richiesto l’ape sociale.
- I conviventi non hanno gli stessi obblighi legali di mantenimento dei coniugi o partner civili.
- La sentenza evidenzia la necessità di aggiornare le normative sui diritti dei conviventi di fatto.
- Le leggi devono riflettere le nuove dinamiche sociali per garantire equità tra tutte le unioni.