Stai pensando all’avvio nel 2020 di una ditta individuale dopo il duro periodo di lockdown causato dal Covid-19 per sfruttare il rilancio dell’economia italiana messa a dura prova dall’epidemia e vuoi conoscere quali siano le considerazioni e le scelte da porre in essere?
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La definizione di impresa e di ditta individuale
Il nostro legislatore definisce imprenditore chi “esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi” (art. 2082 del codice civile).
L’attività imprenditoriale (impresa) può svolgersi in forma individuale o in forma societaria. Nell’impresa individuale l’attività è svolta da un unico soggetto (che rappresenta il “titolare dell’impresa”, il quale può comunque avvalersi dell’ausilio di collaboratori, anche familiari, oppure di dipendenti).
Svolgere l’attività nella forma della ditta individuale rappresenta la formula più snella nella costituzione e la più veloce. Anche la gestione contabile e fiscale è facilitata rispetto alla forma della società.
L’inconveniente è che il titolare della ditta è l’unico promotore, coordinatore e responsabile dell’attività svolta e tutte le obbligazioni derivanti (debiti ed altri impegni verso terzi soggetti contratti nello svolgimento dell’impresa), essendo assunti in nome proprio, fanno riferimento alla sua persona, con la conseguenza dell’estensione del rischio di impresa a tutto il suo patrimonio personale (ad esempio in caso di debiti riconducibili all’attività i creditori possono rivalersi anche sul patrimonio personale del titolare della ditta).
Se l’attività dell’impresa ha come oggetto la produzione, fabbricazione, costruzione e trasformazione, riparazione, lavorazione, trattamento e manutenzione, compimento di opere, prestazione di servizi e allo stesso tempo l’imprenditore presta la propria opera lavorativa in via prevalente (sia rispetto al tempo dedicato sia rispetto al capitale impiegato) all’impresa può essere riconosciuta la qualifica artigiana.
L’avvio della ditta individuale: le tre scelte preliminari
La prima scelta da fare riguarda il tipo di attività che si vuole svolgere (abbigliamento, bar, ristorazione, ecc.) poiché da questa dipenderà il codice ATECO da indicare nella comunicazione di inizio attività che porterà all’assegnazione della partita IVA.
Ad esempio, si può aprire partita IVA scegliendo il codice ATECO dell’attività di abbigliamento e dopo un anno quello per la vendita di orologi. In questo caso la partita IVA rimarrà la stessa e ad essa saranno associate due distinte attività svolte dallo stesso soggetto.
In questa fase post-lockdown la scelta del codice ATECO azzeccato potrebbe rilevarsi di notevole importanza per il futuro successo dell’attività. Infatti, come risaputo, e come la storia insegna, periodi di crisi economica rappresentano anche opportunità di rilancio per molti settori di attività. Avviare un’attività di distribuzione di dispositivi di protezione individuale (ad esempio mascherine) potrebbe, rivelarsi una scelta di successo di breve periodo ma destinata a scomparire nel lungo periodo (quando, si spera, questo periodo emergenziale finirà per sempre). Così, come, invece, la scelta di investire nel settore turistico potrebbe rilevarsi poco remunerativo nel breve periodo ma di successo nel lungo periodo quando si riprenderà a viaggiare senza più restrizioni.
La seconda scelta da fare è il commercialista che dovrà guidare il contribuente nell’avvio dell’attività e nei successivi adempimenti tributari (dichiarazioni redditi, versamento imposte, ecc.) che dovranno eseguirsi duranti la vita dell’impresa.
La terza e più importante scelta (qui è utile il consiglio del commercialista cui si è deciso di rivolgersi) è il regime contabile/fiscale da adottare: ordinario, semplificato per cassa o forfetario?
La scelta del regime contabile/fiscale
Come detto tra le scelte importanti da prendere quando si decide di avviare una ditta individuale vi rientra quella del regime contabile/fiscale da adottare.
La decisione non è per sempre poiché sarà possibile modificarla da un periodo d’imposta all’altro (anche se bisogna fare attenzione ad eventuali vincoli temporali che lo stesso legislatore prevede).
La regola stabilisce che il regime contabile/fiscale da adottare sia quello “naturale” ossia quello previsto in base alle condizioni ed ai requisiti che ha chi intende svolgere attività d’impresa.
Ad esempio, se il contribuente ha i requisiti e si trova nelle condizioni per agire nel regime forfetario, quest’ultimo rappresenterà il regime “naturale” in cui questi dovrà agire. Nonostante ciò egli, tuttavia, potrà optare per agire in regime ordinario. In altri casi il regime ordinario potrebbe rappresentare quello obbligatorio.
Sarà, in ogni caso, il tuo commercialista ad indirizzarti verso quale regime applicare anche perché la scelta potrà dipendere dal tipo di attività che si andrà a svolgere (ad esempio per un’attività che prevede bassi costi di gestione potrebbe essere conveniente il forfetario viceversa per quelle attività con elevata incidenza di costi di gestione potrebbe convenire quello ordinario o semplificato per cassa. Questo perché chi agisce il regime forfetario non deduce i costi inerenti all’attività salvo i contributi previdenziali ed assistenziali assolti per legge).
Si consideri che la scelta del regime inciderà anche sul costo del commercialista e ciò in quanto la gestione di un regime ordinario è più onerosa (ci sono più adempimenti da fare) rispetto ad un forfetario.
Il c/c e la PEC
L’impresa individuale è altresì obbligata a dotarsi di un proprio indirizzo di PEC (Posta elettronica certificata), da indicare nella domanda di iscrizione al registro delle imprese, che costituisce un vero e proprio domicilio elettronico dell’impresa.
Non si è, invece, obbligati ad aprire un conto corrente dedicato. Tuttavia, potrebbe risultare utile aprire un c/c separato ed intestato all’impresa e non utilizzare quello personale.
Fonti e collegamenti esterni