L’Argentina è diventata troppo cara per i turisti, un espresso a 3 euro allontana gli stranieri

L'Argentina di Javier Milei è diventata troppo cara per i turisti stranieri, che iniziano a preferire mete più economiche.
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3 ore fa
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Vita dura per i turisti in Argentina
Vita dura per i turisti in Argentina © Licenza Creative Commons

L’Argentina sta vincendo la lotta senza quartiere contro l’inflazione, ma i turisti ne stanno pagando il prezzo. A febbraio, l’indice dei prezzi al consumo è salito del 66,9%, ai minimi da giugno 2022. Su base mensile, lieve accelerazione al 2,4% dal 2,2% di gennaio. Sembrano alle spalle i tempi in cui i prezzi aumentano mensilmente in doppia cifra. Eppure, accadeva fino ad un anno fa. Poi, la discesa, molto più veloce di quanto avesse immaginato lo stesso presidente Javier Milei. Un successo che gli è stato riconosciuto praticamente all’unanimità all’estero, mentre agli esordi del suo mandato aveva attirato più scetticismo che fiducia fuori dai confini nazionali.

Conti pubblici in attivo

L’inflazione è stata piegata grazie alla “motosega”. Con essa si presentava due anni fa in campagna elettorale lo stravagante candidato “anarco-capitalista”, un modo per segnalare che avrebbe tagliato la spesa pubblica senza guardare in faccia a nessuno. Detto, fatto. Lo scorso anno, il bilancio dello stato si è chiuso in attivo dello 0,3% del Pil per la prima volta dal 2010. L’avanzo primario, cioè al netto della spesa per interessi, è diventato positivo per l’1,8%.

Turisti in Argentina in calo nel 2024

C’è un risvolto inatteso, almeno in parte, di questo indubbio successo. L’Argentina per i turisti è diventata troppo cara. Periodicamente il Big Mac Index pubblica i dati per ciascuna nazione relativi al prezzo di un tipico panino del McDonald’s. A Buenos Aires costa 6,55 dollari, più che negli Stati Uniti, dove lo si mangia a 5,69 dollari. Più cari risultano essere solamente Svizzera (8,07 usd), Uruguay (7,07 usd) e Norvegia (6,77 usd). Non è quanto ti aspetteresti di un’economia che passa da default in default e dove la moneta è diventata negli ultimi anni carta straccia.

I dati raccontano che i turisti in ingresso in Argentina nel 2024 sono stati 6,2 milioni, in calo del 9,6%. Gli argentini che sono andati all’estero, invece, sono aumentati del 50,6% a 8,3 milioni. Naturale che accadesse con i prezzi in patria relativamente cari e cambio giù in economie confinanti come il Brasile. D’altronde, uno straniero che mette piede nello stato sudamericano, può ritrovarsi a pagare un caffè espresso 3 euro. Com’è possibile che stia accadendo tutto ciò?

Svalutazione del cambio in Argentina
Svalutazione del cambio in Argentina © Licenza Creative Commons

Svalutazione del cambio insufficiente

La spiegazione è semplice. Da quando Milei è presidente, il cambio al mercato nero tra dollaro e pesos è salito da circa 960 a 1.240. In pratica, la valuta emergente si è svalutata del 20%. Non è niente rispetto al +178% nel frattempo segnato dai prezzi al consumo. Dunque, è accaduto questo: un bene di consumo o servizio in media è quasi triplicato di prezzo (in pesos), mentre il dollaro si è rafforzato solo del 25%. Chi viene dall’estero, spende molto di più di prima per fare la spesa in pesos. Gliene occorrono molti di più di uno o due anni fa.

In teoria, questa situazione dovrebbe provocare il deprezzamento del cambio e riportare i turisti a mettere piede in Argentina.

Non sta avvenendo, perché il cambio non è del tutto libero di muoversi sul mercato. Perlomeno, sul mercato ufficiale. Incredibilmente, però, sta mantenendosi stabile anche al mercato nero, dove le distanze con il tasso ufficiale si sono ridotte al 14% contro il 47% all’inizio della presidenza Milei. Il cambio reale, cioè tenuto conto della variazione dell’inflazione, si è enormemente rafforzato. Gli argentini hanno smesso di vendere pesos per comprare dollari, confortati dalla politica fiscale e monetaria rigorosa del governo.

Bilancia commerciale in Argentina
Bilancia commerciale in Argentina © Licenza Creative Commons

Rischio perdita di competitività

Tuttavia, negli ultimi mesi le esportazioni in valore stanno diminuendo e le importazioni salendo. I saldi della bilancia commerciale restano positivi, ma in calo. C’è il rischio che la fuga dei turisti per l’Argentina sia solo un primo segnale di una più complessiva perdita di competitività per l’economia. Milei rassicura che non svaluterà il cambio. Deve dirlo per non provocarne la caduta sul mercato, cosa che rinfocolerebbe l’inflazione. Infatti, un dollaro più forte accrescerebbe il costo delle importazioni.

Né può permettersi una nuova ondata di svalutazione. Le riserve nette della banca centrale restano negative per circa 4 miliardi di dollari. Erano a circa -11 miliardi quando assunse la presidenza. Sta trattando con il Fondo Monetario Internazionale un nuovo prestito da una dozzina di miliardi di dollari per rimpinguare le riserve in vista del rimborso dei prestiti ricevuti tra il 2018 e il 2019. A seguito di tale iniezione di liquidità, forse rilasserà ulteriormente i controlli sui capitali più che lasciare cadere il cambio.

Prezzi alle stelle per i turisti stranieri in Argentina
Prezzi alle stelle per i turisti stranieri in Argentina © Licenza Creative Commons

Vita dura per turisti in Argentina

Per i turisti in Argentina è dura e lo sarà anche prossimamente. Pretendere di mangiare nei locali con pochi euro non è più possibile. Le stesse famiglie in loco ne stanno facendo a meno. I ristoranti sono semi-vuoti, anche perché i prezzi ai tavoli sono cresciuti più dell’inflazione media per effetto dell’eliminazione dei sussidi alle bollette. L’energia costa di più e i rincari nei menù sono stati notevoli, tanto che chi prima si permetteva di mangiare fuori più volte a settimana, adesso ne fa a meno e magari prenota cibo da asporto. Ma l’economia sta rimbalzando dopo la recessione dello scorso anno.

E questo giova alla credibilità di Milei, il cui consenso non a caso è rimasto intatto finora.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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