L’ascesa dei Brics legherà le mani alle banche centrali del G7

Sedicesimo vertice dei Brics a Kazan, Russia, a cui partecipano 36 stati. Tutti sono accomunati dalla volontà di depotenziare l'Occidente.
2 mesi fa
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Brics, vertice di Kazan rilancia la cooperazione degli stati anti-G7
Brics, vertice di Kazan rilancia la cooperazione degli stati anti-G7 © Licenza Creative Commons

E’ iniziato ieri e si concluderà domani il 16-esimo vertice dei Brics, che quest’anno si tiene a Kazan, Russia. L’evento consentirà ancora una volta al leader russo Vladimir Putin, padrone di casa, di mostrarsi non isolato nel mondo. Partecipano all’evento i rappresentanti di 36 paesi e 6 organizzazioni internazionali. Non è stata forse una coincidenza che il primo giorno sia coinciso con l’ennesimo record per l’oro in consegna a dicembre a quasi 2.760 dollari per oncia. Da troppo tempo si specula circa l’annuncio sull’emissione di una moneta comune, in gran parte garantita da materie prime, particolarmente dai metalli preziosi.

Attacco Brics all’Occidente

I numeri invitano a fare attenzione ai Brics, che ormai rappresentano più del 40% della popolazione mondiale, quasi il 40% del Pil e un quinto delle riserve auree. Ai cinque stati fondatori (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) si sono aggiunti l’anno scorso Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Anche l’Argentina sarebbe dovuta entrare, ma l’elezione di Javier Milei ha fatto saltare tutto. Buenos Aires si è riavvicinata all’Occidente.

Sul piano geopolitico i Brics non esistono. India e Cina non sono affatto nazioni amiche, né hanno obietti comuni. E cosa ci azzeccano gli stati del Golfo Persico? Non vanno d’accordo neanche tra di loro, anzi sauditi e iraniani sono sull’orlo di una guerra diretta, che per adesso evitano combattendola per procura tramite Israele da una parte e le organizzazioni islamiste dall’altra. Tuttavia, il club ha un’ambizione comune: spodestare il dollaro e contrastare la supremazia economico-finanziaria dell’Occidente.

Obiettivo: dedollarizzazione

I numeri ci dicono che ad oggi la battaglia dei Brics stia avvenendo più a parole. E’ vero che stiano accumulando tanto oro, al fine di mettersi al riparo da possibili rischi futuri e dare credibilità alle rispettive valute.

Russia e Cina, però, da sole posseggono i tre quarti delle riserve auree di tutto il blocco. Inoltre, la dedollarizzazione è tutt’altro che iniziata. Gli scambi commerciali e finanziari sono e restano in grandissima parte regolati nella divisa americana. Piaccia o meno, questi sono i fatti.

Detto questo, l’Occidente non può permettersi il lusso di ignorare certi segnali molto chiari. C’è una parte del mondo, ricca di materie prime, che si sta coalizzando con strutture finanziarie alternative a Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale. E punta a contrastare le sue economie avanzate. I Brics sono ancora relativamente poveri rispetto a noi, ma ciò non toglie che possano infliggerci grossi danni nel medio-lungo termine. Noi Occidente abbiamo due scelte: girarci dall’altra parte e sperare o fingere che tutto andrà bene; giocare d’anticipo e sventare sul nascere il tentativo altrui di picconare le basi su cui si regge il nostro mondo.

Fine di tassi a zero e corsa dei debiti

Poiché è assai verosimile che a prevalere sarà questa seconda ipotesi per ragioni di realismo, le implicazioni future sembrano evidenti. Dobbiamo cercare di mantenere e, in un certo senso, riconquistare la fiducia nel nostro sistema finanziario, che è andata indebolendosi negli ultimi quindici anni tra crisi dei mutui subprime, dei debiti sovrani e politiche monetarie non ortodosse. Al di là delle intenzioni, appare obiettivo dubitare della sostenibilità di economie che sembrano in misura crescente fondare la loro ricchezza sui debiti, resi solvibili dalle stamperie monetarie delle banche centrali.

L’esperimento è stato interrotto dolorosamente dall’aumento dei tassi di interesse per contrastare il ritorno dell’inflazione. La convinzione e la speranza di molti governi consistono nel tornare allo scenario pre-2022, caratterizzato da tassi a zero o negativi e acquisti massicci di bond sui mercati. Fiumi di liquidità serviti a contenere gli interessi sui debiti di stati, imprese e famiglie.

La credibilità delle monete fiat, però, è andata a farsi benedire. Non sono stati solo i Brics ad averla nei fatti messa in discussione. Fenomeni come le “criptovalute” non sono altro che la risposta degli stessi mercati alle politiche giudicate lassiste di governi e banche centrali.

Da Brics minaccia credibile nel lungo periodo

Per impedire che la sfiducia verso i fondamentali dell’Occidenti dilaghi nel mondo e che le minacce dei Brics restino armi spuntate, non potremo più permetterci di sperimentare ancora in politica monetaria. Dimentichiamoci astrusità come tassi negativi, acquisti a piene mani di titoli di stato e prestiti sottocosto alle banche. Gli istituti dovranno mostrarsi più seri nei prossimi anni, altrimenti saranno sempre di più coloro che s’interrogheranno sul reale valore di monete come dollaro ed euro. Gli stessi governi dovranno limitare gli eccessi di spesa, non avendo più come finanziarli senza destabilizzare i bilanci pubblici. Solo così riusciremmo a garantirci il successo anche futuro, facendo tesoro delle minacce sino-russe e dei loro alleati.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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