L’assegno di inclusione (ADI) previsto nel DL 48/2023, c.d. decreto Lavoro, riprende molte delle peculiarità del reddito di cittadinanza; anche il meccanismo dei rinnovi ossia delle sospensioni circa l’erogazione del sussidio è molto simile; infatti, l’assegno non potrà essere erogato per un periodo maggiore di 18 mesi; dopo cosa succede? E’ possibile rinnovare l’assegno?
Partendo dalle principali peculiarità del nuovo assegno di inclusione vediamo quali sono le regole di erogazione del sussidio e se e in che modo è possibile replicare la domanda di assegno.
L’assegno di inclusione
Rispetto al reddito di cittadinanza, la platea di coloro che possono richiedere l’assegno di inclusione si restringe; il sussidio ora spetta soltanto a quei nuclei familiari che hanno al loro interno almeno un componente che rientri in una delle seguenti categorie:
- una persona con disabilità;
- un minorenne;
- un ultra-sessantenne.
Ad esempio, un nucleo familiare composto da 3 componenti, di cui almeno uno è un minorenne, avrà diritto all’assegno di inclusione.
Detto ciò, l’importo erogato annualmente a titolo di assegno di inclusione sarà pari a:
- euro 6.000 annui (500 euro al mese),
- ovvero euro 7.560 se il nucleo familiare è composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni ovvero da persone di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza.
Quesiti importi poi possono variare in funzione della composizione del nucleo familiare; infatti, anche per l’assegno di inclusione, al pari di quanto avveniva per il reddito di cittadinanza, entra in gioco la c.d. scala di equivalenza. Da qui, i suddetti importi andranno comunque moltiplicati per il corrispondente parametro della scala di equivalenza (da 1 a 2,3). Dunque, l’assegno potrà essere superiore a 6.000/7.560 euro.
Requisiti Assegno di inclusione. Un cenno
Anche per quanto riguarda i requisiti di residenza/cittadinanza nonché di carattere economico-patrimoniale, il decreto Lavoro va a riprendere l’assetto normativo del reddito di cittadinanza.
L’INPS potrà erogare l’assegno a coloro i quali rispettano i seguenti requisiti:
- essere cittadino dell’Unione Europea o suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ovvero titolare dello status di protezione internazionale, di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;
- al momento della presentazione della domanda, residente in Italia per almeno cinque anni, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo;
- residente in Italia, tale requisito è esteso ai componenti del nucleo familiare che rientrano nel parametro della scala di equivalenza.
Poi ci sono i requisiti economico patrimoniali.
I requisiti economico patrimoniali
Il nucleo familiare del richiedente deve essere in possesso congiuntamente di:
- un ISEE in corso di validità, non superiore a euro 9.360; nel caso di nuclei familiari con minorenni;
- un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di euro 6.000 annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza.
il nucleo familiare deve avere: un valore del patrimonio immobiliare (case, terreni, ecc.), come definito ai fini ISEE, diverso dalla casa di abitazione di valore ai fini IMU non superiore a euro 150.000, non superiore ad euro 30.000; un valore del patrimonio mobiliare, come definito ai fini ISEE, non superiore a una soglia di euro 6.000; ecc.
Rinnovi e sospensioni. Le regole
L’art.3, comma 2 del decreto Lavoro regola il meccanismo di rinnovo del periodo di spettanza dell’assegno.
In particolare è previsto che:
Il beneficio e’ erogato mensilmente per un periodo continuativo non superiore a diciotto mesi e puo’ essere rinnovato, previa sospensione di un mese, per periodi ulteriori di dodici mesi. Allo scadere dei periodi di rinnovo di dodici mesi e’ sempre prevista la sospensione di un mese.
Dunque, sembrerebbe che, in base a quanto dice la norma, che non ci siano de limiti al numero di volte in cui la richiesta di sussidio può essere rinnovata.