L’importo dell’assegno di mantenimento può variare a seconda del luogo in cui si vive. Fra i parametri che il giudice dovrà tener conto, d’ora in poi, nel calcolare l’assegno di mantenimento per l’ex coniuge che ne ha diritto, vi è anche il costo della vita che varia da città a città in Italia.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (numero 174 del 9 gennaio 2020) ha messo in risalto come il costo della vita in Italia sia diverso a seconda del luogo di residenza e, posto che il coniuge debitore debba trasferirsi per lavoro in una città più cara, il giudice dovrà tener conto del costo della vita in cui si reca a vivere per calcolare l’importo dell’assegno da corrispondere.
Assegno di mantenimento e costo della vita
Così, se l’ex coniuge si trasferisce da una città del Sud a Milano per lavoro, ad esempio, l’assegno di mantenimento da corrispondere andrà ricalcolato poiché il costo della vita al Nord è superiore rispetto al Sud e quindi viene meno la capacità contributiva. Il che vale anche in senso contrario e probabilmente anche se il coniuge che corrisponde l’assegno debba trasferirsi all’estero. Diversamente cadrebbe in principio giuridico che vede l’assegno di mantenimento come un contributo atto a equilibrare il tenore di vita dei due ex coniugi a seguito di separazione. Ciò vale anche in senso inverso, vale a dire quando l’ex coniuge va a vivere in una città meno cara. In tal caso, l’assegno da corrispondere, potrà aumentare anziché diminuire proprio perché il costo della vita sarà minore e quindi aumenta la capacità di mantenimento verso la parte più debole.
Come cambia l’importo dell’assegno
La sentenza della Corte di Cassazione farà comunque discutere, poiché non esistono delle tabelle di calcolo a cui fare riferimento per adeguare l’importo dell’assegno al costo della vita.
Assegno divorzile e assegno di mantenimento
Di base, comunque, resta comunque il fatto che per calcolare l’ammontare dell’assegno di mantenimento bisogna tenere conto del divario di reddito tra i due coniugi. Differenza che, nel caso dell’assegno di mantenimento, deve essere eguagliato, sino a creare una situazione di sostanziale uniformità tra i due, garantendo anche a quello più povero lo stesso tenore di vita che aveva quando ancora era sposato. Invece, nel caso dell’assegno divorzile (quello cioè che scatta dal momento del divorzio), il contributo deve mirare a garantire solo l’autosufficienza qualora l’ex coniuge non sia in grado di procurarsela da sé e ciò non dipenda da sua colpa (ad esempio dall’inerzia nella ricerca di un lavoro). In entrambi i casi è sempre il giudice l’unico soggetto in grado di quantificare l’importo, ma pur sempre sulla base della cornice dell’ordinamento.