Novità anche quest’anno per chi va in pensione e una, in particolare, farà meno piacere ai diretti interessati: riceveranno dall’Inps un assegno più basso di quello ricevuto da chi ha potuto andare in pensione l’anno scorso. Colpa dell’ultimo aggiornamento Istat sull’aspettativa di vita in Italia e che ha comportato la revisione dei coefficienti di trasformazione. E’ un argomento noto perlopiù tra gli addetti ai lavori, anche se riguarda noi tutti.
Come funziona il metodo contributivo
Cerchiamo di semplificare il discorso, che è un po’ tecnico. Con il metodo di calcolo contributivo, l’assegno Inps ha un importo dipendente dai contributi previdenziali versati durante la carriera lavorativa.
Questi contributi vengono annualmente rivalutato per un fattore pari al tasso medio di crescita del Pil nominale italiano nel quinquennio precedente. Ad esempio, i contributi versati all’Inps fino al 31 dicembre 2023 vengono moltiplicati per 1,036622. Infatti, il tasso di crescita medio nel quinquennio 2019-2023 è stato del 3,6622%.
Supponiamo che il signore Mario Rossi vada in pensione quest’anno. Quale sarà il suo assegno Inps? Si prendono tutti i contributi versati fino al 2023 e rivalutati, più naturalmente i contributi versati nel 2024 e non rivalutati. Questo è il montante contributivo. Esso andrà moltiplicato per i cosiddetti coefficienti di trasformazione. Cosa sono? Si tratta di numeri, che hanno il senso di convertire i contributi in mensilità per il neopensionato. Essi non sono buttati a casaccio, ma tengono conto dell’età a cui si va in pensione e della vita media statisticamente rilevata dall’Istat.
Come funzionano i coefficienti di trasformazione
In pratica, i coefficienti di trasformazione “spalmano” i contributi per gli anni che si presume un neopensionato riscuoterà l’assegno Inps. Poiché la vita media varia di anno in anno, anche i coefficienti vengono aggiornati e con cadenza biennale. Se l’Istat rileva che la vita media in Italia è salita, i coefficienti scendono.
In quel caso, i contributi dovranno essere spalmati su un numero maggiore di anni. Se la vita media risulta in calo, i coefficienti salgono. Infatti, i contributi andranno spalmati per una durata minore.
Nel biennio 2023-2024 i coefficienti di trasformazione erano saliti. A causa del Covid, l’aspettativa di vita in Italia si era abbassata. Era accaduto lo stesso all’estero. Ma per fortuna è stato rilevato che essa sia tornata a salire. E questo comporta l’effetto indesiderato per chi va in pensione di dover accettare un assegno Inps più basso. Infatti, i coefficienti sono ridiscesi. Facciamo un esempio. A chi andrà in pensione nel biennio 2025-’26 a 67 anni, sarà applicato un coefficiente di trasformazione del 5,608%. Immaginando che il suo montante contributivo fosse di 300.000 euro, la sua pensione annuale risulterà di 16.824 euro, pari a 1.294,15 euro al mese per 13 mensilità.
Assegno Inps resta più alto che in passato
Se lo stesso lavoratore fosse andato in pensione nel biennio passato, cioè fino al 31 dicembre scorso, la sua pensione annuale sarebbe stata di 17.169 euro, pari a 1.320,69 euro al mese. La perdita è del 2%, 345 euro nell’esempio riportato. Infatti, fino a pochi giorni fa il coefficiente di trasformazione a 67 anni era del 5,723%. La variazione in negativo riguarda tutte le età. A 57 anni oggi il coefficiente è di 4,204% contro il precedente 4,27%. A 70 anni oggi è del 6,258% contro il 6,395%, ecc.
Ma nella cattiva notizia ve n’è una relativamente buona.
Per quanto l’assegno Inps risulti inizialmente più basso con l’ultimo aggiornamento, esso resta più alto rispetto agli importi corrisposti negli anni precedenti. Solamente i coefficienti aggiornati al 2016 risultavano ancora maggiori. Questo significa che l’aspettativa di vita, pur in risalita, è rimasta inferiore al periodo pre-Covid. E questo non è, com’è ovvio, un dato positivo.