Niente più diritto a conservare il tenore di vita. La Corte di Cassazione non solo conferma la sentenza depositata il 10 maggio scorso, in riferimento al caso di Vittorio Grilli, ex dirigente del Ministero dell’Economia, ma con una nuova sentenza, la numero 15481, ha la scorsa settimana chiarito che non vi sarebbe bisogno di alcun intervento delle Sezioni Unite per rendere applicabile a tutti i processi in corso il principio sancito un mese e mezzo fa, secondo il quale il matrimonio, una volta cessato, non potrebbe prorogare i suoi effetti contrattuali, attraverso la scusa del mantenimento del tenore di vita per il coniuge più debole.
In un solo colpo, i giudici hanno tolto le castagne dal fuoco alla politica italiana, che sul tema riflette da anni, restando immobile e non rispondendo alle istanze avvertite dalla società odierna, profondamente cambiata come costumi, rispetto agli anni Settanta, quando la legge sul divorzio venne approvata e confermata da un referendum abrogativo, come ha riconosciuto la stessa Cassazione. (Leggi anche: Assegno divorzio, con addio al tenore di vita viene meno anche pensione reversibilità?)
Basta a mantenimento tenore di vita
Certo, la sentenza avrà effetti rivoluzionari e dirompenti, più che sui coniugi comuni, su quelli più fortunati, ovvero in cui almeno uno detenga un livello reddituale o patrimoniale di tutto rispetto. Si pensi al caso dell’ex premier Silvio Berlusconi, che da anni deve versare all’ex moglie Veronica Lario un maxi-assegno da 1,4 milioni di euro al mese, essendo stata riconosciuta l’ingente disparità di ricchezza tra i due. Pende ricorso contro la sentenza di primo grado e il leader di Forza Italia punta adesso ad azzerare l’importo da sborsare, anche in virtù della sentenza nel frattempo intervenuta.
Il tema è sempre parso molto delicato nel dibattito pubblico, perché chi ha avanzato dubbi sulla giustezza di una prassi che tende a gravare a vita il coniuge più forte finanziariamente di un mantenimento spesso a tanti zeri verso l’ex coniuge è stato accusato di maschilismo, sull’osservazione che nella stragrande maggioranza dei casi, il cosiddetto coniuge debole è una donna.
Eppure, grazie alla sentenza, si da finalmente attuazione alla Costituzione repubblicana, che all’art.1 esordisce con “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Dunque, è il lavoro il presupposto della mobilità sociale del nostro paese, non le parentele o un buon matrimonio. Questo i padri costituenti lo scrissero 70 anni fa, quando pure si usciva da una cultura nobiliare, in cui il lavoro non sempre era considerato il fondamento della crescita materiale e spirituale della persona. (Leggi anche: Assegno divorzio, ecco come chiedere riduzione)