Assistenza 104 senza convivenza: la distanza massima per il diritto ai permessi

Ai fini dei premessi 104 non è richiesta la condizione della convivenza tra il lavoratore ed il familiare disabile da assistere. Attenzione alla distanza
3 anni fa
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Non sono ammessi, per il lavoratore, permessi 104 nel caso in cui la persona disabile da assistere non sia convivente con il lavoratore stesso e si trovi, da questi, oltre una creta distanza chilometrica legislativamente individuata.

Stiamo parlando dei permessi (retribuiti) che il lavoratore dipendente può chiedere al proprio datore di lavoro per assistere il familiare disabile. In dettaglio, il permesso può essere richiesto

  • dai genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità
  • dal coniuge, parte dell’unione civile, convivente di fatto, parenti o affini entro il terzo grado di familiari disabili in situazione di gravità.

Permessi 104, la distanza chilometrica da rispettare

Ai fini del diritto ai premessi 104 non è richiesta la condizione della convivenza tra il lavoratore ed il familiare disabile da assistere.

Il disabile può avere residenza anche in altro comune. Ad esempio, ha diritto al permesso 104 il lavoratore che risiede a Caserta il quale ha necessità di assistere la madre disabile che vive e risiede in un comune limitrofo.

Allo stesso tempo, tuttavia, è stabilito che se non c’è convivenza tra il lavoratore ed il disabile da assistere, è necessario che il comune di residenza di quest’ultimo non sia distante da quello del lavoratore oltre i 150 km. Il lavoratore, d’altronde, deve attestare l’effettivo raggiungimento del familiare con disabilità, al quale presta assistenza.

Quando residenza e domicilio non coincidono

Ci si potrebbe chiedere se sia possibile riconoscere il beneficio dei permessi 104 nel caso in cui la persona in situazione di disabilità sia residente in un Comune con distanza superiore ai 150 chilometri, ma domiciliata presso l’abitazione del lavoratore che si occupa dell’assistenza.

La risposta è stata data in maniera negativa dal Dipartimento della funzione pubblica (Presidenza del Consiglio dei Ministri) nel parere DFP-0038420-P-08/06/2021. In questa sede si è chiarito che occorre sempre e comunque far riferimento alla residenza e non anche al domicilio.

E’, infatti, la residenza ciò che rappresenta “la dimora abituale della persona”, mentre il domicilio, secondo la definizione del codice civile, è solo “il luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi”.

Spesso residenza e domicilio coincidono, ma non sempre. Quindi, non è detto che nel domicilio ci sia “fisicamente” anche la presenza effettiva del soggetto.

Il lavoratore, tuttavia, potrebbe superare la questione presentando una dichiarazione sostituiva in cui attesta la “dimora temporanea” presso la propria abitazione del familiare disabile.

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Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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