Martedì 14 febbraio, il Tesoro tornerà a rifinanziarsi sui mercati con una nuova asta di BTp a medio-lunga scadenza. Tenterà di raccogliere un importo fino a 8 miliardi di euro attraverso l’emissione di tre titoli di stato già in circolazione sul mercato secondario. Ecco quali:
- BTp 15 gennaio 2026, cedola 3,50%, nona tranche, 3-3,5 miliardi di euro (ISIN: IT0005514473);
- BTp 15 dicembre 2029, cedola 3,85%, settima tranche, 3-3,5 miliardi di euro (ISIN: IT0005519787);
- BTp 01 marzo 2038, cedola 3,25%, sesta tranche, 1-1,5 miliardi di euro (ISIN: IT0005496779).
Questa asta di BTp a medio-lungo termine consentirà agli investitori di impiegare la liquidità su tratti molto diversi tra loro della curva.
La scadenza a 7 anni risulta essere la preferita dalle famiglie italiane. Né troppo breve, né troppo lunga. Nello specifico, l’asta BTp ci offre la possibilità di investire nel bond dicembre 2029. La cedola è molto allettante. Il 3,85% lordo corrisponde a circa il 3,37% netto. Da considerare anche l’imposta di bollo che grava sul conto titoli, la cui accensione risulta necessaria per poter investire, e pari allo 0,20% della giacenza. Al netto di tutta l’imposizione fiscale, quindi, questo BTp a 7 anni ci offre un rendimento superiore al 3,15%. A proposito, il suo rendimento alla scadenza ieri era in chiusura di seduta del 3,75%. La quotazione risultava di poco superiore alla pari, a 100,20.
Asta BTp interessante per scadenze a 7 e 15 anni
Può non sembrare alto, dato che in questi mesi l’inflazione italiana viaggia ancora sopra il 10%. Ma guardando a una prospettiva temporale medio-lunga, la convenienza esiste. In effetti, se è vero che il mercato stimi un’inflazione media annua persino inferiore all’1,50% per i prossimi cinque anni, la cedola esiterebbe guadagni positivi in termini reali.
Invece, il discorso cambia per il BTp a 3 anni. La cedola sembra anch’essa allettante, ma la quotazione appena sopra la pari (100,40) riduce il rendimento al 3,31% annuale. A meno che l’inflazione italiana non rientri subito, c’è il rischio per l’investitore di arrivare alla scadenza con un rendimento netto reale medio persino negativo. Tre anni sono pochi per recuperare grazie alla discesa dell’inflazione, contrariamente alla scadenza di fine 2029 che ci darebbe tutto il tempo di approfittare della disinflazione apparentemente già iniziata.