Domani e dopodomani 30 e 31 marzo, il Tesoro collocherà sul mercato titoli di stato per un controvalore minimo di 7 miliardi di euro e massimo di 8,5 miliardi. Tra questi, abbiamo la terza tranche del BTp 1 aprile 2026 e senza cedola (ISIN: IT0005437147) e il CcTeu 15 aprile 2026 e cedola pari allo 0,5% + l’Euribor a 6 mesi (ISIN: IT0005428617). Ci troviamo di fronte a due scadenze praticamente uguali, ma con cedola l’una fissa e l’altra variabile. Grazie alla stessa durata residua, abbiamo il modo di verificare cosa si aspetti il mercato per il prossimo quinquennio con riferimento ai tassi d’interesse.
Oggi, il BTp 2026 quota poco sotto la pari, cioè a 99,88 centesimi, esitando un rendimento positivo dello 0,02%. Viceversa, il CcTeu 2026 viaggia su quotazioni di poco sopra la pari, a 100,58. Ne consegue che il suo rendimento sarebbe dello 0,3828%. Chiaramente, questo è il dato che otteniamo considerando l’Euribor a 6 mesi nullo. Lo spread tra i due titolo risulta essere, quindi, dello 0,36%. In teoria, questo sarebbe il tasso Euribor mediamente atteso dal mercato per i prossimi cinque anni.
Mutui a tasso variabile, dall’Euribor ottima notizia. Quali prospettive?
Il differente impatto della reflazione
Iniziamo con il dirvi che attualmente esso si attesta al -0,24% e che l’ultima volta che viaggiava su livelli intorno al terzo punto percentuale era nel 2014, prima che l’allora governatore BCE, Mario Draghi, varasse il “quantitative easing”. Ne desumiamo che gli obbligazionisti confiderebbero in una ripresa economica robusta nel medio termine e tale da sostenere l’inflazione, facendone convergere i tassi al target fissato da Francoforte “vicino, ma di poco inferiore al 2%”.
Sembra una previsione ottimistica, in quanto scontare un Euribor a 6 mesi di circa 60 punti base superiore a quello attuale nella media del prossimo quinquennio non è cosa da poco. Nel caso in cui il mercato peccasse di ottimismo, il CcTeu si rivelerebbe un titolo meno redditizio del BTp di pari durata.
L’asta di CcTeu di ieri ha fornito aspettative deboli sull’economia nell’Eurozona