Mentre oggi il Tesoro emette BoT a 12 mesi e a 153 giorni per un totale di 10,5 miliardi di euro, domani sarà la volta dei BTp, i Buoni del Tesoro poliennali. Ne verranno collocati per un controvalore massimo di 9 miliardi. Nel dettaglio, verranno emesse: la quinta tranche dei BTp a 3 anni con scadenza 15 giugno 2023 per 4-4,5 miliardi; l’undicesima tranche dei BTp a 7 anni con scadenza 15 gennaio 2027 per 2-2,5 miliardi; la sesta tranche dei BTp a 15 anni con scadenza 1 marzo 2035 per 0,75-1 miliardo; l’ottava tranche dei BTp a 20 anni con scadenza 1 marzo 2040 per 0,75-1 miliardo.
A nostro parere, l’occhio dei risparmiatori dovrebbe cadere sulle emissioni più lunghe, perché a parità di rischio di credito si mostrano le più proficue sul piano dei rendimenti offerti e delle ulteriori opportunità di guadagno. Il bond a 15 anni offre cedola del 3,35% e ieri lo si acquistava a circa 113,40 centesimi (ISIN: IT0005358806), avendo perso il 10% dai valori toccati a febbraio, prima che l’emergenza Coronavirus riportasse sul mercato sovrano italiano le tensioni finanziarie. A conti fatti, il peso della cedola rapportata al valore dell’investimento si rivela abbastanza forte, attestandosi al 2,95%. Ciò significa che, fatto 100 quanto effettivamente speso per acquistare un bond, percepisco annualmente quasi il 3% in forma di flussi di reddito.
In termini di rendimento alla scadenza, cioè tenuto conto che mi verrà rimborsato un valore nominale inferiore di quasi il 12% rispetto al capitale investito, otterrei comunque il 2,28%, una percentuale nettamente superiore a ogni tasso d’inflazione registrato in Italia dopo il 2012. E dovreste considerare che da qui ai prossimi anni, si prevede che l’inflazione italiana rimanga bassissima, se non che scenda sottozero. E anche se e quando dovesse risalire, difficilmente tenderà a livelli capaci di erodere del tutto i livelli di rendimento oggi offerti.
Per investire in bond conta la cedola, non solo il rendimento
Alta duration, alte plusvalenze possibili
Ancora migliori i numeri del bond a 20 anni. Qui, la cedola è del 3,10% e ieri il titolo si acquistava a 109 centesimi (ISIN: IT0005377152), segnando un pesante -13% dalle sedute pre-Coronavirus. Il rendimento alla scadenza si aggira a poco meno del 2,45%, mentre la cedola pesa per il 2,84% dell’investimento, solo appena meno generosa dell’altro bond. Anche in questo caso, però, il rendimento più che copre l’inflazione, esitando un margine reale ad oggi praticamente totale e che nel medio-lungo termine verrebbe solo parzialmente eroso dalla crescita dei prezzi.
Perché questi due titoli, tra quelli in asta, ci convincono maggiormente? Essi hanno “duration” elevata: 11,35 anni i primi, 15 i secondi. Significa che nel caso in cui i rispettivi rendimenti scendessero dell’1%, i prezzi oggi come oggi salirebbero rispettivamente dell’11,35% e del 15%. Chiaramente, vale anche il rischio opposto, ovvero che precipitino di una percentuale altrettanto elevata nel caso in cui il rendimento salisse. In poche parole, probabile che i bond nei prossimi mesi si apprezzino, qualora la BCE incrementasse il sostegno agli assets con i programmi di acquisto noti come “quantitative easing” e PEPP, riducendo il rischio sovrano italiano, cioè restringendo nei fatti lo spread.
I titoli che eventualmente beneficerebbero di più del calo dei rendimenti e si apprezzerebbero in misura superiore sarebbero proprio quelli lunghi. Considerate che i due BTp in oggetto siano arrivati a rendere l’1,35% il primo e l’1,55% il secondo nei mesi passati, per cui rivedendo tali livelli in uno scenario ottimistico, l’obbligazionista avrebbe modo di maturare laute plusvalenze con l’eventuale rivendita anticipata, che si andrebbero a sommare alle cedole sino a quel momento percepite.
Il tonfo del BTp 2067: ora la cedola pesa per mezzo punto in più rispetto a febbraio