Asta Btp, tassi in rialzo. Tensioni sul debito pubblico che ci costa 85 miliardi all’anno

Il Tesoro colloca 6,5 miliardi di titoli di stato a tasso fisso e variabile in un clima politico incerto. Timidi segnali di ripresa economica, ma in Italia la spesa per interessi sul debito divora tutto
11 anni fa
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Seconda giornata di settembre per le aste dei titoli di Stato. Dopo l’asta dei Bot di ieri, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha collocato circa 6,5 miliardi di euro fra Btp e Ccteu con scadenze medio lunghe senza particolari difficoltà, nonostante lo spread fra btp e bund sia tornato ad allargarsi a 250 punti e permanga l’incertezza del quadro politico legato a filo diretto con le vicende legali di Silvio Berlusconi. In particolare le difficoltà dell’Italia riguardano le misure che dovranno essere adottate per abbattere il mostruoso debito pubblico da 2.075 miliardi di euro e che non si può più rimandare nel tempo o a nuovi governi.

Tali difficoltà si vedono soprattutto nel differenziale fra i titoli di stato decennali italiani e spagnoli che si è azzerato evidenziando, da un lato il recupero della Spagna e dall’altro le difficoltà che il nostro paese continua a incontrare per uscire dalle secche. Come del resto ha ben ravvisato l’Ocse dicendo che in Europa vi sono timidi spiragli di ripresa economica, ma l’Italia rimane indietro.

 

Btp 2,75% 2016, Btp 4,75% 2028 e CCTeu in dettaglio

 

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Entrando nel merito delle aste odierne, sono stati assegnati dal Tesoro 4 miliardi di euro di Btp 2,75 con decorrenza il 16 settembre del 2013, scadenza il 15 novembre del 2016 con un rendimento finale lordo pari a 2,72%, in rialzo rispetto al 2,33% della precedente asta. Venduti anche, in ottava tranche, 1,5 miliardi di euro di Btp con cedola fissa del 4,75% con decorrenza 22 gennaio del 2013, scadenza 1 settembre del 2028 (Isin IT0004889033), a un tasso del 4,88%, in leggero rialzo rispetto al 4,54% della precedente asta. La domanda è stata buona, con un bid to cover medio del 1,40%, ma non entusiasmante, anche perché gli investitori sono adesso in attesa di conoscere le prossime mosse  del governo italiano in materia di politica fiscale in materia di innalzamento dell’Iva di un punto a ottobre, dopo la sospensione degli aumenti relativi all’Imu sulla prima casa.

Tuttavia, per quanto riguarda i rendimenti specifici di oggi, a influire sui tassi nella parte lunga della curva è stata anche la percezione del peggioramento del quadro creditizio bancario italiano dopo la percezione, sempre più evidente, che Banca Monte dei Paschi di Siena non sarà in grado di restituire i prestiti di Stato e rischia la nazionalizzazione  E non è l’unica banca italiana in difficoltà.

 

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L’asta odierna ha visto anche l’assegnazione di Ccteu con scadenza aprile e novembre 2018 per complessivi 2 mld di euro (range offerta era tra 1 e 2 mld) rispettivamente al rendimento del 2,48% e del 2,56%

 

Niente ripresa economica 85 miliardi all’anno di spesa per interessi sul debito pubblico italiano

 

DEBITO-PUBBLICO

Intanto Confindustria, governo e sindacati, attraverso il megafono dei media, continuano a dire che stiamo per uscire dal tunnel. Benché i dati economico-statistici dicano esattamente il contrario, con un Pil in calo per l’ottavo trimestre consecutivo e una spesa per consumi in rapido declino, c’è ancora chi vuole far passare per fessi gli italiani. Ma non è solo questo. A frenare la ripresa è la spesa per interessi sul debito pubblico che ammonta a 85 miliardi di euro all’anno, il 5,7% del Pil. Non è poco. Il debito pubblico, che taluni giornalisti eccentrici considerano una variabile positiva o al massimo “neutra”, capace cioè di influenzare in modo buono il Pil o di non produrre effetti negativi sullo stesso, prima o poi, strozza la crescita economica e brucia posti di lavoro.

 

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Proprio come sta accadendo al nostro paese, incapace di agganciare la flebile ripresa europea.

Perché la spesa pubblica ha rendimenti marginali decrescenti. Ovvero, nonostante sia necessaria per la produzione di beni e servizi, man mano che aumenta – spiegano gli economisti di tutto il mondo – ne diminuiscono gli effetti benefici (e crescono, invece, quelli negativi). Esiste un livello di spesa ottimale oltre il quale i benefici sono superati dai costi ed è dunque economicamente vantaggioso tagliare. E l’Italia, il “livello di spesa ottimale oltre il quale i benefici sono superati dai costi” (ovvero la pressione fiscale necessaria a finanziare quel livello di spesa), l’ha superato da un pezzo. Ragion per cui la ripresa economica nel nostro paese resta un miraggio. [fumettoforumright]

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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