Stanno diventando sempre più frequenti e antipatici gli attacchi francesi all’Italia. L’ultimo episodio risale a ieri, dopo che il quotidiano transalpino Le Figaro ha riportato il virgolettato di Stéphane Séjourné, leader di Renaissance, partito politico del presidente Emmanuel Macron. Ha definito “disumana e inefficace” l’Italia di Giorgia Meloni con riferimento alla crisi migratoria in corso alla frontiera italo-francese. Soltanto pochi giorni fa il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva annullato la visita a Parigi sulle dichiarazioni del ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, che aveva definito il governo italiano di “estrema destra” e incapace di fronteggiare la crisi degli sbarchi.
Macron tra guai interni e nubi europee
Piccinerie politiche, si penserà. Non è così. Gli attacchi francesi reiterati contro l’Italia hanno finalità di politica interna ed europea. Interna, perché puntano ad aizzare l’opinione pubblica contro il partito della destra euro-scettica Rassemblement National di Marine Le Pen. I sondaggi la danno in testa nei consensi. Tra l’altro, appaiono un distrattivo dallo scontro sociale durissimo di queste settimane sulla contestatissima riforma delle pensioni. Più di due francesi su tre restano contrari alla legge che innalza l’età pensionabile a 64 anni e gli anni di contribuzione per l’assegno pieno di 12 mesi.
Ma il problema di Macron è probabilmente molto più continentale. L’anno prossimo si terranno le elezioni europee e la sinistra rischia di subire un’ulteriore emorragia di consensi a favore sia del PPE che della destra conservatrice (ECR) di cui è capo a Bruxelles proprio Meloni. I socialisti temono che i popolari faranno alleanze proprio con la destra per varare la prossima Commissione europea.
Gli attacchi francesi all’Italia servono a creare zizzania tra Meloni e PPE, così da fare saltare la possibile alleanza. Tra l’altro, anche solo il fatto che il governo di Roma sia artefice di un patto politico che escluderebbe i riferimenti del governo di Parigi crea irritazione e apprensione all’Eliseo. L’Italia non è considerata un “primus inter pares” come Francia e Germania. La sua collocazione deve restare subalterna dal punto di vista transalpino, non solo macroniano.
Attacchi francesi all’Italia, accordo reciprocamente vantaggioso
Sarebbe istintivamente giustificabile che il governo italiano replicasse per le rime ai politici francesi. Tuttavia, è proprio quello che vorrebbero i responsabili di affermazioni tanto scellerate quanto demenziali. Il loro obiettivo è buttarla in caciara e screditare l’attuale maggioranza a Roma. Mantenere i nervi saldi, invece, si rivela essenziale non solo per finalità di politica europea, ma anche perché Italia e Francia hanno bisogno l’una dell’altra. Conterà molto per l’Italia essere azionista di maggioranza della prossima Commissione. Solo così potrà incidere sui dossier, anziché leggerli via PEC come un fedele abbonato. In discussione in questi mesi vi è la riforma del Patto di stabilità, che vede i due paesi schierati contro la posizione rigida della Germania sulle regole fiscali.
Sempre in questi mesi c’è il tema della stretta monetaria della Banca Centrale Europea (BCE). Parigi la sostiene, ma allo stesso tempo non può permettersi come Berlino aumenti dei tassi d’interesse eccessivi. Ha un debito pubblico più vicino ai livelli italiani che non tedeschi. E c’è la questione degli aiuti di stato. L’ammorbidimento delle regole europee rischia di favorire in misura spropositata la Germania e, solo in seconda battuta e a netta distanza, la Francia.
Mentre il Nord Europa marcia sostanzialmente compatto, il Sud è sempre diviso. La Spagna va da decenni col più forte, la Francia continua a fare l’equilibrista e l’Italia ad appoggiarsi alla bisogna alla seconda. I risultati sono palesi: i tedeschi reclamano e ottengono tutto ciò che desiderano, mentre gli altri partner devono sudare sette camicie per ricevere tutt’al più le briciole. Gli attacchi francesi all’Italia non aiutano a sovvertire questa condizione di subalternità allo strapotere di Berlino. Anzi, fanno il gioco proprio dei tedeschi. Ma Darmanin, Macron e accoliti non riescono a capire che stanno segando l’albero su cui stanno appollaiati. Le loro esternazioni appaiono suicide, perché fanno marciare separatamente paesi che dovrebbero restare uniti per incassare i risultati sperati.