L’America ha paura della variante Delta del Covid, tant’è che il governo federale ha chiesto ai governatori riluttanti di imporre nuovamente la mascherina obbligatoria anche all’aperto. Ma è l’economia americana a doverci preoccupare forse più della stessa pandemia. E’ uscita dalla crisi, avendo già cancellato le perdite accusate nel corso del 2020. Eppure, non dovremmo fermarci al luccichio. Nel secondo trimestre di quest’anno, il PIL USA è cresciuto del 6,5%, meno del +8,4% atteso dagli analisti. E già questo ha iniziato a mettere in allarme il mercato, se è vero che nelle ultime sedute i rendimenti americani siano collassati, con il Treasury a 10 anni all’1,15%, quando l’inflazione galoppa al 5,4% a giugno.
Il vero punto è un altro. L’economia americana sta dando il meglio di sé, pur essendovi in corso un rallentamento del tutto fisiologico, sostenuta da ingenti stimoli monetari e fiscali. Rispetto alla fine del febbraio 2020, la Federal Reserve ha espanso il suo bilancio di circa 4.100 miliardi di dollari. Nello stesso tempo, il debito pubblico è esploso da 22.700 a 28.500 miliardi. E l’amministrazione Biden già tratta con il Congresso per alzare ulteriormente il tetto al debito. Parliamo di 6.000 miliardi in più in poco oltre un anno e mezzo.
Economia americana al test di tassi e deficit spending
Il deficit fiscale nel 2020 è più che triplicato a 3.130 miliardi e quest’anno dovrebbe tendere a livelli simili. Era già alto prima della pandemia, viaggiando sull’orlo dei 1.000 miliardi. Nel frattempo, sale anche il deficit commerciale, che nei primi sei mesi del 2021 è schizzato del 27% a oltre 530 miliardi. Considerato che in tutto il 2020 si fosse portato sopra 910 miliardi, stiamo per sfondare quota 1.000 miliardi. E tutto ciò è perfettamente spiegabile: gli americani fanno debiti con i quali consumano beni e servizi esteri. E con restrizioni alla libertà di movimento ancora in auge, parte cospicua di questa ricchezza creata fittiziamente dal governo finisce per premiare le imprese cinesi.
Questo stato di cose non può durare. L’eccesso di deficit fiscale aggrava il deficit commerciale e tendenzialmente indebolirà il dollaro quando cesseranno gli acquisti di asset americani per paura della crisi. La FED non può permettersi di deprezzare troppo il biglietto verde, altrimenti smarrirebbe la stabilità dei prezzi. Quando dovrà prima o poi alzare i tassi d’interesse, lo stesso governo americano stringerà la cinghia. Il mix tra minori stimoli monetari e fiscali impatterà certamente sull’economia americana, ma anche e, per certi versi, soprattutto sul resto del mondo. Europa e Asia si troveranno a che fare con una domanda più debole per le rispettive merci e dovranno adeguare le loro condizioni monetarie a quelle degli USA per non importare inflazione. E non sarà una serata di gala.