Recentemente l’Europa e il mondo intero sembrano aver scoperto che in Belgio la situazione non è poi così rosea: la capitale dell’Unione europea vivrà ben 9 giorni consecutivi di coprifuoco, periodo nel quale le forze di sicurezza del Paese cercheranno di fermare le cellule del terrore che proprio in Belgio – e non solo a Molenbeek – si nascondono e organizzano attentati. Il Paese delle moules-frites è nell’occhio del ciclone, mediatico e sociale: possibile che in tutti questi anni nessuno si è accorto di niente? In realtà, chi vive in Belgio, è perfettamente consapevole della situazione in cui verte il Paese.
Geografia sociale del Belgio
La situazione è preoccupante nel cuore d’Europa: una capitale così blindata e protetta dalle forze dell’ordine non si era mai vista. Qualcuno più anziano ricorda che è come in tempo di guerra. Fa specie vedere come il cuore politico-economico dell’Unione europa sia in realtà così fragile, come qui si nascondino diversi foreign fighters, come qui si sia particolarmente radicalizzato – in alcune zone – l’Islam, al punto tale da dare vita a frange estremiste. La situazione sociale del Belgio, invero, è molto simile a quella del nord della Francia: se vuoi andare in giro di notte devi sapere dove devi andare, altrimenti rischi di dover cominciare a correre, se capiti nella zona sbagliata.
Fiamminghi e Valloni
Il Belgio ha accolto tutti, indiscriminatamente: forse per un senso di colpa nei confronti dell’antico processo di colonizzazione. Una sorta di pentimento che è sfociato in quel porte aperte che i francesi, altro Paese coloniale, conoscono bene. Attenzione, però: non tutto il Belgio si dimostra così ospitale con gli stranieri. Il Paese vive infatti una situazione abbastanza complessa dal punto di vista identitario e sociale, tant’è che spesso si sente dire come tra qualche anno il Belgio non esisterà più. Da una parte ci sono i fiamminghi: il popolo più “olandese”, quello che più di tutti vorrebbe la secessione, che è anche la parte più ricca e più razzista. Dall’altra ci sono i valloni, la parte più francese, e non è un caso che proprio nelle città della Vallonia ci siano state le perquisizioni dei giorni scorsi. oltre a Bruxelles, Charleroi e Liegi. E’ qui il vero problema, perché i fiamminghi sono accoglienti con gli immigrati tanto quanto lo sono i leghisti in Italia. Con qualche differenza concettuale decisamente importante, che non può certo mettere in parallelo i due schieramenti.
Disoccupazione e reddito minimo
Insomma, la parte fiamminga del Belgio è anche quella più ricca, mentre quella vallone è quella più povera. Si può però davvero parlare di povertà? Oggi forse sì, perché sono state adottate delle misure anti-crisi – in un Paese in cui la crisi c’è e c’è stata ma è veramente molto debole rispetto ad altri Paesi a noi noti – che hanno di fatto cancellato alcuni privilegi.
Da dove nasce il welfare belga
Oggi la situazione è più complessa ma il welfare belga, fatto anche di benefit sociali, nato molto tempo prima, in un periodo nel quale si cercava di attirare in ogni modo polacchi e italiani affinché lavorassero in miniera, di fatto ha attirato anche tutti gli altri: mediorientali, africani ed europei, indistintamente. Si sono sistemati, hanno prodotto per il Paese, hanno approfittato del welfare, hanno creato famiglie numerose, hanno ottenuto ulteriori benefit. E lo stesso hanno fatto le generazioni successive e quelle successive ancora. Che nel frattempo sono cittadini belgi a tutti gli effetti. Il fatto è anche questo: in Belgio esistono pochi belgi, di fatto. Una buona parte di loro ha un nome esotico: italiano, arabo, polacco. E non è un caso che il Belgio sia conteso da tutti. Anche da quell’Islam radicale che vuole farlo diventare il cuore musulmano d’Europa e adottarvi la Sharia, la legge ispirata ai precetti del Corano.
La Sharia in Belgio
Nel frattempo la comunità musulmana in Belgio è ampiamente cresciuta per un motivo semplicissimo: fanno più figli.
Il tramonto delle feste cristiane
Per capire la complessità della convivenza in Belgio e il crescente odio per l’Islam da parte di alcuni cittadini, basta fare un viaggio nei profili belgi dei social network, nei quali si cerca di salvare il Natale e Saint Nicolas dal tentativo delle comunità islamiche più estreme di rompere questi riti e tradizioni. Ed è così che la festa di Ognissanti si è trasformata nelle vacanze d’autunno, così come quelle di Natale sono diventate le feste d’inverno e quelle di Pasqua le feste di primavera. Per rispetto nei confronti della comunità musulmana che, ghettizzata e non integrata, ha ottenuto il riconoscimento della propria autorità senza che nessuno muovesse un dito. Il fatto è che la cosa non è andata giù a molti cittadini belgi che vorrebbero continuare a far rispettare le tradizioni e ad addobbare alberi di Natale veri e propri in piazza durante le festività piuttosto che simboli di design ridicoli e lontani dal vero spirito del Natale (la maggioranza dei belgi è di fede cattolica).
E’ troppo tardi?
Oggi, dopo gli attentati di Parigi, è come se fosse appena suonata la sveglia: il governo ha infatti confessato come Molenbeek rappresenti un problema gigantesco che non è stato controllato, né tanto meno arginato. Il sindaco Françoise Schepmans ha invece rivelato come la maggior parte dei cittadini sono musulmani che non si sono integrati e che rifiutano i valori dell’Occidente e dell’Europa. Da qui al contatto con i jihadisti il ponte è presto costruito: in molti partono verso i porti franchi dello Stato islamico, in Siria e in Iraq, si addestrano per diventare combattenti e poi tornano in Europa in attesa di un segnale. Il problema è stato ampiamente sottovalutato, insomma, e adesso, per risolverlo, ci vorrà molto più tempo del previsto.