Fumare da oggi costa di più. Come previsto dalla manovra di bilancio, sono scattati dal 18 febbraio 2020 nuovi rincari su tabacchi e sigarette. Un aumento giustificato per scoraggiare i fumatori e a tutela della salute, ma che in realtà ha lo scopo di fare cassa.
Nel mirino del fisco sono finiti quest’anno i filtri e le cartine da fumo, quelle che si usano per arrotolare il tabacco microtrinciato per i fumatori fai da te. Dal 2020 il prelievo sarà pari a 0,0036 euro per ogni pezzo contenuto nella confezione che corrisponde a 11 centesimi in più per una confezione di 32 cartine.
I rincari del tabacco
Ma a rincarare sono anche le sigarette tradizionali con aumenti pari a 5 euro al chilo dell’accisa minima sui tabacchi lavorati a cui si aggiunge l’incremento dell’onere fiscale minimo dal 95,22% al 96,22%. La legge di bilancio ha previsto poi nuove aliquote delle accise per tutte le tipologie di tabacchi lavorati (sigari, sigaretti, sigarette al tabacco trinciato ecc.) nella misura seguente:
- sigari 23,5%;
- sigaretti 24%;
- sigarette 59,8%;
- tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette 59%;
- altri tabacchi da fumo 56,5%;
- tabacchi da fiuto e da mastico 25,28%.
Tutto ciò ha prodotto inevitabili rincari sul prezzo finale dei pacchetti di sigarette al consumatore finale. L’imposta – spiega la legge – “è dovuta dal produttore o fornitore nazionale o dal rappresentante fiscale del produttore o fornitore estero all’atto della cessione dei prodotti alle rivendite”, cioè ai tabaccai, i quali si vedranno costretti ad aumentare il costo dei prodotti al consumatore finale. In Italia, i guadagni dello Stato sul fumo sono tra i più bassi del vecchio continente, appena il 2,8% delle entrate totali. Secondo la commissione europea il Bel Paese è tra quelli considerati a media tassazione.
La protesta dei produttori
Gli aumenti per i costi del tabacco erano stati preventivati in misura maggiore inizialmente e avrebbero dovuto colpire anche le sigarette elettroniche.