Rischio di dimezzamento del valore per MPS
Una volta effettuato l’aumento, sempre che questo vada in porto (vedasi le tensioni politiche e finanziarie legate all’esito del referendum costituzionale), MPS dovrebbe valere in borsa almeno 5,6 miliardi, ovvero oltre il 63% del suo patrimonio netto. Una percentuale realistica? Niente affatto. Oggi come oggi, tra le grandi banche italiane solo Intesa-Sanpaolo vale in borsa intorno ai due terzi dei suoi assets netti, mentre la media delle prime 5 banche quotate in borsa, inclusa la stessa Intesa ed escludendo MPS, scende ad appena il 31%.
Se dopo l’aumento MPS dovesse essere valutata nella media delle altre principali banche, a Piazza Affari capitalizzerebbe poco oltre i 3 miliardi, ovvero il 46% in meno del suo valore attuale, sommato ai 5 miliardi della ricapitalizzazione. In altre parole, chi avrà convertito i bond subordinati in azioni MPS, si ritroverebbe tra qualche mese titoli dal valore più che dimezzato rispetto al valore di conversione, già in sé del 15% più basso di quello nominale per i bond Tier I alla scadenza.
E si tenga conto che stiamo parlando di un’ipotesi persino ottimistica. Perché mai MPS dovrebbe capitalizzare in borsa rispetto al suo patrimonio netto più di Unicredit, che oggi è valutata a meno di un quarto dei suoi assets netti? Certo, vero è che nel caso di successo della complessa operazione di salvataggio di Siena, i mercati finanziari sarebbero molto più distesi sull’Italia, in cui le banche hanno già perso la metà del loro valore quest’anno. Insomma, ci sarebbe spazio per una risalita delle quotazioni bancarie, ma da qui a ipotizzare che da appestata d’Europa, MPS si trasformerà in una calamita per gli investitori, appare un grosso azzardo. (Leggi anche: Crisi banche italiane, servono troppi soldi per salvarle e la fiducia è scarsa)