Il dato sull’inflazione italiana nel mese di ottobre è stato raggelante. Una crescita dei prezzi al consumo dell’11,9% su base annua non si vedeva sin dal 1984. Preoccupa anche la crescita mensile del +3,5%, che segna un record nelle statistiche ISTAT. L’inflazione cumulata nei primi dieci mesi del 2022 risulta salita all’8%. Significa che, in assenza di variazioni mensili negli ultimi due mesi dell’anno, questo sarà il dato dell’intero 2022. Inevitabile l’impatto sugli assegni previdenziali, a partire dall’aumento della pensione minima.
Aumento pensione minima 2023
La pensione minima è stata fissata per il 2022 a 523,83 euro al mese per tredici mensilità. Con l’aumento dell’8% dal mese di gennaio, salirebbe a 565,74 euro. Si tratterebbe di una maggiorazione di quasi 42 euro al mese, circa 545 euro all’anno. Praticamente un assegno in più ogni anno, come se spettasse a tutti una quattordicesima.
Che la pensione minima salga, è certamente qualcosa che non potrà che fare piacere ai beneficiari. D’altra parte, si tratta di recuperare il potere di acquisto perduto in questo 2022 dai connotati particolari. Gli aumenti, com’è ovvio, riguarderanno tutti gli assegni dell’INPS, sebbene sopra certi importi saranno un po’ meno generosi. In assenza di ulteriori entrate, chi incassa mensilmente assegni fino a circa 650 euro all’anno avrà aumenti esentasse.
I pensionati in Italia non pagano l’IRPEF fino a 8.500 euro all’anno, una cifra che corrisponde per l’esattezza a 653,85 euro al mese per tredici mensilità. Cosa succede sopra tali importi? Prendiamo un assegno di 670 euro. Siamo tutti d’accordo che sia relativamente basso? Lo è, perché non si può certo vivere con una cifra del genere neppure se si ha la fortuna di una casa di proprietà e magari si vive in una zona con clima mite senza bisogna di grosse spese per riscaldarsi in inverno.
La mannaia del drenaggio fiscale
Ebbene, chi oggi percepisce 670 euro si vedrà aumentare l’assegno dall’anno prossimo verosimilmente a 723,60 euro. In teoria, +53,60 euro al mese e +696,80 euro all’anno. Ottimo. Peccato che non sarà un aumento del tutto esentasse. Con l’aumento, infatti, il pensionato supererà la soglia annuale di 8.500 euro, sopra la quale inizierà a pagare l’IRPEF. Nello specifico, percepirà 9.406,80 euro all’anno. Dunque, pagherà allo stato quasi 267 euro di imposta sul reddito delle persone fisiche, il 38% dell’aumento ricevuto. In definitiva, l’aumento netto sarà di circa il 4,94% con una rivalutazione degli assegni attesa dell’8%. E questo discorso vale fino ai 15.000 euro all’anno, cifra oltre la quale scatta l’aliquota IRPEF del 25%. Sopra 28.000 euro, saliamo già al 35%.
Ad ogni modo, restando agli importi più bassi, in assenza di interventi del legislatori i pensionati italiani (stesso discorso vale per tutti gli altri contribuenti) rischiano una mezza beffa. Gli aumenti sarebbero considerati reali, quando si tratta semplicemente di coprire l’inflazione di quest’anno. L’unico modo per evitare quello che in gergo si definisce “drenaggio fiscale” sarebbe di aumentare le detrazioni fino a una soglia di reddito di quasi 9.200 euro all’anno.