Un aumento di pensione netta nei cedolini del 2025 e un aumento dello stipendio netto in busta paga nel 2025. Si può tradurre in questo ciò che potrebbe accadere in base a una novità su cui il governo lavora da tempo e che, se non nella legge di Bilancio, potrebbe arrivare con un provvedimento ad hoc nel 2025. Parliamo di stipendio netto e pensione netta e quindi parliamo di un intervento sulle tasse che ogni giorno sembra essere una delle priorità dell’esecutivo.
Aumento pensioni e stipendi da 120 euro al mese nel 2025, ecco come arriverebbero
La materia è di quelle che interessano la generalità dei contribuenti italiani, sia lavoratori dipendenti che autonomi, e per finire con i pensionati. Essendo l’IRPEF la materia di questa idea del governo, è evidente che sia di dominio pubblico. Parliamo di IRPEF, cioè dell’Imposta sui Redditi delle Persone Fisiche, una tassa che si versa sui redditi prodotti dai contribuenti e che già nel 2024 è stata oggetto di una profonda modifica. Il passaggio da 4 a 3 scaglioni nel 2024 ha prodotto per i contribuenti un aumento del netto in busta o del netto sulla pensione pari a 260 euro. Ma nel 2025, se l’operazione del governo andrà in porto, il guadagno per i contribuenti, o almeno per molti di loro, sarà ancora maggiore, perché parliamo di oltre 1.400 euro di risparmio sulle tasse, cioè circa 120 euro al mese netto in più.
Le modifiche all’IRPEF e cosa cambierebbe per davvero su pensioni e stipendi
Nella maggioranza, infatti, si discute se ritoccare ancora una volta gli scaglioni IRPEF.
- 23% su redditi fino a 28.000 euro;
- 35% su redditi fino a 50.000 euro;
- 43% su redditi oltre i 50.000 euro.
Con il ritocco allo studio, invece, gli scaglioni diventerebbero:
- 23% su redditi fino a 28.000 euro;
- 33% su redditi fino a 60.000 euro;
- 43% su redditi oltre i 60.000 euro.
Il cambiamento riguarderebbe coloro che hanno redditi a partire da quelli sopra i 28.000 euro, naturalmente. Come accaduto lo scorso anno, per i redditi più bassi non cambierebbe nulla.
E se nel 2024 le novità hanno riguardato solo i redditi a partire da quelli sopra i 15.000 euro, visto che il secondo scaglione del 2023 con redditi da 15.000 a 28.000 euro fu accorpato al primo, portandolo da un’aliquota al 25% a una al 23%, nel 2025 la novità riguarderebbe redditi ancora più alti, ai quali dal 35% verrebbe applicata un’aliquota al 33%, con in più un’estensione del reddito massimo dentro il secondo scaglione di ben 10.000 euro, su cui anziché il 43% i contribuenti inizierebbero a versare il 33%.
Tra legge di Bilancio, concordato preventivo biennale e ricerca di risorse finanziarie
A conti fatti, un notevole vantaggio soprattutto per chi ha redditi oltre i 60.000 euro, che sarebbero quelli che godrebbero, a conti fatti, di 1.440 euro in meno di IRPEF da versare. Ma piccoli vantaggi riguarderebbero, come detto, anche i redditi sopra i 28.000 euro, perché due punti percentuali in meno sulla parte di reddito che da 28.000 euro arriva a 60.000 euro sono un notevole vantaggio. Naturalmente è un’operazione che costa parecchio dal punto di vista del bilancio.
Trattandosi di minore gettito per le casse dello Stato, le coperture da trovare sono fondamentali. Ecco quindi che nella legge di Bilancio si ragiona proprio su dove trovare le risorse. E la proroga del concordato preventivo biennale serve proprio a incassare il più possibile, in modo tale da coprire l’esborso per questa ennesima riforma dell’IRPEF.
Pertanto, la scadenza delle adesioni è posticipata al 12 dicembre prossimo. Ma è evidente che sembra difficile che dal 12 dicembre al 18 dicembre, che è la data in cui, secondo il cronoprogramma, la manovra di Bilancio troverà i natali definitivi, si riesca a modificare l’IRPEF ancora una volta. Più facile che si arrivi a un decreto ad hoc nel 2025, con il cambiamento dell’IRPEF che verrebbe distaccato dalla manovra di fine anno.
Ho un sospetto. Che istat e governo si siano messi d’accordo nello stabilire una percentuale piu bassa di quella reale. Infatti, lo 0,80% non sembra aderente alla effettiva inflazione che registriamo andando in giro nei negozi o nei mercati vari per acwuusrare generi alimentari e non.
Chi ci garantisce che sia reale la percentuale adottata dal Governo e che non sia stata invece manipolara al ribasso di proposito, al fine di esborsare meno soldi ai pensionati cosi da risparmiare un bel mucchio di quattrini per lo Stato? E sufficiente che Governo ed Istat si mettano d’accordo sulla percentuale di rivalutazione da spplicare ed il gioco é fatto.
La cosa che fa insospettire tutto ciò é che si parlava sino a pochissimi giorni fa di una inflazione dell’1,6%, per poi, di colpo, ridursi addirittura al solo 0,8%.
Vi sembra normale tutto questo?
Vorrei conoscere il Vs autorevole parere. Grazie.