L’attività economica rallenta in tutta l’Eurozona, come confermano anche oggi i dati sul PMI composito. Questo è sceso a 46,7 punti in agosto dai 48,6 di luglio. Valori sotto 50 segnalano contrazione. Tralasciando il periodo della pandemia, siamo ai minimi dal marzo 2013. Male anche i servizi, scesi a 47,9 da 50,9 punti. In questo caso, si tratta della prima contrazione dal dicembre scorso. In Italia, i servizi scendono a 49,8 punti, anche in questo caso segnalando un calo dell’attività. Il PMI composito è passato da 48,9 a 48,2 punti.
Verso stop aumento tassi BCE
I segnali in tal senso arrivano dai mercati. Il cambio euro-dollaro è sceso sotto 1,075, ai minimi da tre mesi. E il Bund a 2 anni, riferimento nell’Eurozona per il mercato obbligazionario a breve termine, offre un rendimento del 3%. Considerate che il tasso sui depositi bancari a luglio è stato portato al 3,75% e che la scadenza biennale tende a seguirne l’andamento. La distanza, tuttavia, si allarga a tre quarti di punto percentuale, come a segnalare che nel medio periodo vi sarà un taglio dei tassi BCE.
Unico aspetto in controtendenza è l’allargamento dello spread BTp-Bund sopra 170 punti base. Ci aspetteremmo una sua compressione con l’allontanarsi dell’ipotesi di una nona stretta consecutiva al board del 14 settembre. Il mercato deve ancora digerire, però, l’indebolimento della congiuntura economica italiana. Esso accresce il rischio sovrano percepito, a causa dell’elevata mole del debito pubblico. D’altra parte, il fatto che i tassi BCE non continuino a salire, non significa che il costo di emissione dei BTp si ridurrà. Ciò avverrebbe solo se il mercato percepisse un’imminente svolta monetaria, cioè che a Francoforte prendano in considerazione di ridurre il costo del denaro.
Rendimenti BTp restano alti, discesa vicina probabile
Mentre scriviamo, il BTp a 10 anni offre il 4,32%, circa +0,20% rispetto ai livelli di fine agosto. Per quanto sopra detto, questo trend non sembra giustificato. Se è vero che la stretta sui tassi BCE stia per concludersi o si è già conclusa, non esiste ragione per scontare rendimenti in ulteriore rialzo, anche perché l’inflazione italiana nel medio-lungo termine non farà che tendere al target del 2% fissato da Francoforte. Il mercato sovrano segnala, anzi, che scenderà sotto di esso, contrariamente a quanto avverrebbe per l’inflazione media nell’Eurozona.