Ma i salari crescono poco
La crescita dei salari rimane debole, pari alla media dell’1,9% dall’ultima recessione, mentre negli ultimi cinque trimestri il reddito lordo disponibile è aumentato mediamente dello 0,5%. La banca centrale si mostra ottimista sulla ripresa dei salari, anche se è un ritornello abbastanza consueto che si trasmette di anno in anno e che viene puntualmente smentito dai dati. E’ dal 2011, infatti, che la crescita salariale nella terra dei canguri decelera, scendendo adesso sotto il 2% da oltre il 4% degli anni immediatamente precedenti al 2007.
Del resto, una forza-lavoro ancora disponibile rende difficile l’aumento degli stipendi, tenendo conto che persino negli USA, dove la disoccupazione risulta scesa nei pressi del 4% e la sottoccupazione viene stimata intorno all’8,5%, si ha una crescita media salariale media di poco superiore al 2% sin dal 2010. E si consideri anche che, nonostante le misure molto restrittive sull’immigrazione, la popolazione residente è cresciuta nel 2016 dell’1,6%, in conseguenza dell’ingresso di centinaia di migliaia di stranieri, che se da un lato portano energie fresche da utilizzare sul mercato del lavoro, dall’altro creano pressioni al ribasso sui salari e, quindi, anche sull’inflazione.
Quest’anno, è probabile che il pil cresca dell’1,8%, poco meno di economie come gli USA e all’incirca quanto l’Eurozona, in decelerazione dal +2,8% dello scorso anno. Resta la meraviglia per un’economia, che non conosce crisi da oltre un quarto di secolo e dove il pil pro-capite a parità di potere di acquisto nel 2016 è stato di quasi 49.000 dollari USA, in crescita di oltre il 30% nell’arco di un decennio e del 77% dall’inizio del Millennio. A titolo di confronto, si pensi che un italiano godrebbe di un pil pro-capite attualmente più basso di un quarto e cresciuto di appena il 6% in 10 anni e del 37% nel nuovo Millennio. (Leggi anche: Crescita pil fino al 4%? In Australia possibile nel 2018)