Un po’ presto per fare previsioni, ma sulla base delle offerte di lavoro nel settore, sembra che l’estate del 2024 possa superare i numeri della stagione turistica dell’anno scorso. Centinaia di migliaia le assunzioni attese, anche se il ricordo di quanto accaduto meno di un anno fa avrebbe dovuto scuotere la politica per cercare di risolvere problemi cronici da molti anni. In settimana, gli autisti Ncc (Noleggio con conducente) hanno scioperato al centro di Roma per protestare contro i decreti del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini.
Autisti Ncc, i punti contestati dei decreti Salvini
Proprio i taxi furono al centro di furenti polemiche nell’estate scorsa. Impossibile trovarne uno a disposizione nelle grandi città. Le attese all’infuori degli aeroporti e delle stazioni raggiunsero anche un’ora. Turisti meravigliati della carenza di un servizio, che altrove nel mondo abbonda e costa meno. I taxi sono una categoria iper-protetta da decenni, come sappiamo sulla nostra pelle. Eppure parliamo di circa 23 mila persone sparse su tutto il territorio nazionale; teoricamente non dovrebbero essere così in grado di tenere la politica in ostaggio.
Contro cosa hanno protestato gli autisti Ncc? Il ministro Salvini punta a regolamentare il servizio, ossia a renderlo più difficoltoso. Fate attenzione sempre al termine “regolamentazione”, che nel gergo politico significa sempre o quasi “stretta”. In che modo? I punti più contestati sono cinque. Il primo riguarda l’obbligo di effettuare una corsa a distanza di almeno un’ora dalla fine di un’altra. Così facendo, si punta a limitare il numero di corse durante una giornata. Secondariamente, gli autisti Ncc devono tornare in rimessa prima di accettare una nuova prenotazione.
Infine, secondo l’art.85 del Codice della Strada si può arrivare al fermo amministrativo del mezzo da due a otto mesi nel caso di abuso della professione. La categoria chiede che la sanzione venga comminata da un giudice e non semplicemente da un vigile. Qual è il senso di queste previsioni legislative? Impedire agli autisti Ncc di fare il loro lavoro, al fine di tutelare i taxi.
Licenze taxi a numero chiuso
Se fossimo in un Paese normale, il ragionamento che tutti dovremmo compiere sarebbe, a questo punto, un altro. I taxi chiedono parità di regole? Benissimo, ma non potranno opporsi all’ingresso di nuovi soggetti sul mercato. Invece, gli stessi taxi osteggiano ogni tentativo di aumentare il numero delle licenze. Figuriamoci di liberalizzare il settore. Il loro numero è e deve restare chiuso, in modo da poter rivendere possibilmente la licenza anche per centinaia di migliaia di euro.
Taxi carissimi e redditi bassissimi
Come se non bastasse, arriva la beffa. La categoria dichiara in media redditi ridicoli. A Napoli, qualcosa come poco più di 6.000 euro all’anno. In pratica, lavorano per pura beneficenza. Non si spiega perché mai le licenze abbiano un valore di mercato così alto, visto che non consentirebbero di portare a casa uno stipendio decente. E l’apice della stortura emerge dal fatto che quelle licenze dovrebbero teoricamente tornare in capo a chi le aveva concesse, cioè i Comuni. Al contrario, sono rivendute a fine carriera dagli stessi tassisti per fare cassa. “E’ il nostro Tfr”, spiegano dalla categoria.
La politica finge di non vedere. Consentire agli autisti Ncc di fare concorrenza ai taxi risulta ormai l’unico espediente possibile per introdurre un minimo di concorrenza sul mercato dei trasporti privati. L’irragionevolezza iper-corporativa dei taxi è tale da richiedere una dose di coraggio da parte di chi governa. Cosa che non sta accadendo. E il rischio anche per l’estate che verrà, è di ritrovarsi con tariffe sempre più alte e un servizio ancora più carente. Non si capisce come un numero pressoché fisso di taxi possa trasportare sempre più turisti nelle grandi città.
Autisti Ncc unica concorrenza diretta ai taxi
E’ vero che il governo Meloni ha previsto un aumento delle licenze temporanee, ma “in casi di eccezionali flussi di presenze turistiche”, a titolo onerosi e rilasciati ai soliti “tassisti storici” già presenti su piazza con cui si dovrebbero condividere persino gli incassi. In sostanza, non si allarga il giro e a guadagnarci sarebbero gli stessi. Ciononostante, i taxi protestano anche contro questa minima apertura del governo. L’idea del libero mercato resta un’ambizione in questo Paese, dove ogni categoria pretende di privare gli altri del diritto di competere. E’ lo stesso ragionamento allucinante a cui assistiamo in merito al dibattito sugli stabilimenti balneari. Ma qui è molto peggio. Perché di spiagge a disposizione ve n’è, generalmente, tanta. Di taxi in circolazione ve ne sono pochi e il turista può solo farsi spennare. Gli autisti Ncc restano attualmente l’unico modo in cui il mercato, grazie alla tecnologia, può reagire allo strapotere delle rendite di posizione.