La Finlandia è solo l’ultima delle nazioni europee ad avere registrato la vittoria dei movimenti conservatori e della destra cosiddetta radicale. La premier socialdemocratica Sanna Marin ha perso le elezioni di domenica 2 aprile, finendo in terza posizione. Pochi mesi fa, un’altra premier di sinistra scandinava aveva fatto la stessa fine. Magdalena Andersson ha dovuto passare la mano alla coalizione formata da centro-destra e Democratici Svedesi, un partito fino a poco prima considerato “razzista”. Qualcosa di simile dovrebbe accadere a Helsinki tra il Partito della Coalizione Nazionale e il Partito dei Finlandesi.
Nel 2019, l’accordo tra popolari, socialisti e liberali consentiva alla tedesca Ursula von der Leyen di diventare presidente della Commissione europea, pur tra notevoli mal di pancia tra i socialisti e i liberali. L’allora braccio destro della cancelliera Angela Merkel fu vista come un argine contro la Lega di Matteo Salvini in Italia. A tre anni e mezzo di distanza, il vento è cambiato. A Roma è premier Giorgia Meloni, che guida il gruppo dei conservatori europei dell’ECR e verso cui von der Leyen starebbe tentando una forma di corteggiamento per strappare un accordo in vista delle prossime elezioni europee.
Tuttavia, la maggioranza di centro-sinistra che la sostiene sta tracciando un solco con le opposizioni all’Europarlamento. L’agenda è diventata sempre più ideologicamente ambientalista, priva della ricerca di una sintesi per la composizione degli interessi industriali e nazionali in ballo. In poche settimane, Bruxelles ha avallato il divieto di vendita nell’Unione Europea delle auto con motore a combustione dal 2035, l’obbligo per i proprietari di ristrutturare casa per tendere a una classe energetica minima pari a D dal 2033 e il via libera alla vendita di farina di grillo e alla produzione di cibi sintetici.
Con elezioni europee fine ideologia green?
L’ideologia si è impossessata dell’Europarlamento senza riguardo per l’impatto che certe scelte avranno e stanno già avendo sulle vite di 450 milioni di cittadini. Dopo le elezioni europee, molto può cambiare. I consensi per socialisti e ambientalisti sono dati in calo, mentre la destra avanza. Dopo il voto, i popolari potrebbero trovare conveniente stringere un’alleanza con il gruppo ECR e altre formazioni di destra, lasciando probabilmente fuori dalla porta solo “impresentabili” come Marine Le Pen. Lo spostamento a destra degli equilibri politici avrebbe conseguenze molto forti sull’agenda della nuova Commissione: si passerebbe dall’ambientalismo ideologico alla difesa pragmatica dell’ambiente. E l’espansione dei poteri delle istituzioni comunitarie ai danni delle legislazioni nazionali subirebbe una frenata, se non uno stop.
Il principale cambiamento passerebbe per l’auto elettrica, che non resterebbe l’unica soluzione legale di mercato a disposizione dal 2035. Tornerebbero in gioco le auto con motore a combustione, magari con un tetto alle emissioni di CO2 molto più basso. E la campagna ideologica contro gli allevamenti e in favore di cibi “coltivati” in laboratorio si arresterebbe. Questo emerge perlomeno guardando ai programmi. Il PPE sta subendo da anni le posizioni estreme della sinistra, a cui non riesce ad opporsi per non schiacciarsi programmaticamente sulle posizioni delle opposizioni di destra. C’è poi un dato a cui prestare attenzione: il PPE uscito fuori dalle elezioni europee del 2019 era ancora modellato da Frau Merkel, ormai un pallido ricordo spazzato via dalla guerra russo-ucraina.
La Germania continuerà ad orchestrare i giochi, ma lo farà con Manfred Weber, capogruppo del PPE, bavarese e considerato più autenticamente conservatore dell’ex cancelliera. Nel frattempo, la stella di Emmanuel Macron ha cessato di brillare.