Il settore dei veicoli elettrici rappresenta un comparto fondamentale per la green economy, con un potenziale enorme per l’Europa. Tuttavia, al momento i mercati stanno vivendo una situazione di stagnazione a causa delle competitività delle auto elettriche cinesi, vendute a costi decisamente più bassi della concorrenza.
E secondo la numero uno di Strasburgo, Ursula von der Leyen, questi prezzi sono tenuti bassi in maniera artificiale, grazie a massicci aiuti di stato.
“Questa attività sta falsando i nostri mercati e, siccome non accettiamo simili fenomeni al nostro interno, non possiamo accettarli dall’esterno”, ha affermato il presidente della Commissione Europea.
Un annuncio inaspettato
Queste dichiarazioni, non attese, hanno marcato un significativo inasprimento dei rapporti tra UE e Cina, con la Francia che esulta, avendo fatto più pressione di tutti sul lancio dell’inchiesta.
Durante il discorso, la von der Leyen ha descritto un parallelo tra la questione dei veicoli elettrici e quella dell’industria del fotovoltaico, che aveva visto coinvolte sempre Cina ed Europa, con la prima a proporre prezzi esageratamente competitivi.
“La competizione è reale fino a che è corretta” spiega, e di questo passo “le imprese europee saranno estromesse dal mercato per via di politiche di prezzi al ribasso foraggiate da enormi aiuti di stato”.
A rinforzare la linea della von de Leyen ha pensato il presidente del PPE, Manfred Weber, che ha concluso: “Vogliamo un Green Deal europeo, non cinese. Non vogliamo vedere auto elettriche cinesi che beneficiano del nostro ambizioso approccio alla questione climatica”.
Ecco perché è stata avviata un’indagine antisussidi sulle auto elettriche cinesi
Un’inchiesta anti sussidi viene avviata quando un paese straniero è sospettato di sostenere economicamente un gruppo o un’azienda con incentivi che permettano una produzione a costi cosi bassi da essere eccessivamente competitivi per il mercato europeo.
I prezzi low cost mettono le aziende europee, che producono lo stesso prodotto, in una condizione di netta inferiorità competitiva. Non ricevendo pari sussidi, infatti, presentano dei costi di produzione decisamente più alti della controparte, cui non possono opporre alcun tipo di concorrenza. Potrebbe essere questo uno dei motivi per cui neppure il mercato delle auto elettriche in Italia è mai decollato veramente?
Questo è ciò che sta accadendo, secondo la Commissione Europea, con le auto elettriche cinesi.
Non è la prima volta che l’Europa e la Cina si trovano di fronte ad un simile contenzioso. Già in passato i paesi occidentali hanno accusato Pechino (ricordiamo il caso del fotovoltaico) di pompare eccessiva liquidità verso le industrie cinesi per promuovere una concorrenza sleale verso i rivali europei.
Questi aiuti sono tra l’altro difficili da tracciare e possono avere forme diverse, come ad esempio una tassazione particolarmente agevolata, prestiti o diretto trasferimento di fondi.
Con l’iniezione di sussidi, la Cina assicura alle compagnie nazionali il raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano economico di cinque anni (2021-2025), che menziona esplicitamente i veicoli elettrici come pilastro del nuovo sistema industriale.
Il risultato di questi aiuti, secondo la Commissione Europea, è una differenza media di prezzo pari al 20% tra equivalenti macchine elettriche cinesi ed europee.
I prossimi passi: dazi aggiuntivi per contrastare i sussidi
Bruxelles ha deciso di attuare un’azione preventiva per scongiurare una catastrofe del mercato automobilistico elettrico europeo, già provato dagli aumenti causati dalla guerra tra Ucraina e Russia.
Una volta notificata l’indagine sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, la Commissione avrà un massimo di tredici mesi per decidere se imporre dei dazi sulle auto elettriche cinesi o se chiudere l’inchiesta senza prendere ulteriori provvedimenti.
I dazi, che andrebbero ad aggiungersi al 10% già esistente sulle tasse d’importazione, dovrebbero andare a compensare il “vantaggio scorretto” causato dai sussidi cinesi. La loro attuazione però dipenderà dall’effettiva evidenza di una concorrenza scorretta.
Se approvato, questo nuovo procedimento si applicherebbe a tutti i veicoli a batterie prodotti in Cina. Questo significa che, se un’azienda europea ha la sua produzione in Cina, è potenzialmente soggetta a sanzioni qualora beneficiasse di incentivi statali.
Gli Stati membri hanno la possibilità di bloccare l’imposizione dei dazi in caso raggiungano una maggioranza pari al 65%, ovvero almeno 15 stati.