Autotutela Agenzia delle Entrate: cos’è e come funziona

L'autotutela permette di correggere errori fiscali senza contenzioso tributario, l'istanza può essere presentata direttamente all'Agenzia delle entrate
1 mese fa
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L’autotutela fiscale rappresenta il primo strumento nelle mani del contribuente per difendersi da eventuali errori dell’Agenzia delle entrate.

La recente riforma fiscale ha dato maggior peso a questo istituto prevedendo dei casi in cui l’autotutela è obbligatoria. Prima c’era la massima discrezionalità nel senso che l’Agenzia delle entrate non era tenuta a rispondere al contribuente e non si poteva presentare ricorso contro il diniego di autotutela.

Ora con la riforma viene fatta una netta distinzione tra autotutela obbligatoria ed autotutela facoltativa, in alcuni casi è anche possibile impugnare il diniego espresso o tacito dell’autotutela da parte dell’Agenzia delle entrate.

Ci sono anche delle recenti sentenze in merito che permettono di distinguere meglio gli effetti delle due tipologie di autotutela tributaria: obbligatoria e facoltativa.

L’autotutela permette di evitare il più lungo e costoso contenzioso tributario. Ecco perché si considera l’autotutela quale strumento deflattivo del contenzioso tributario.

Nella presente guida vedremo come funziona lo strumento dell’autotutela tributaria, in quali casi può essere utilizzata e qual è la procedura da seguire per contestare la pretesa impositiva dell’Agenzia delle entrate.

Cos’è l’Autotutela presso l’Agenzia delle Entrate?

L’autotutela tributaria rappresenta il primo livello di difesa per il contribuente. Tale affermazione è da leggere tenendo conto anche delle novità in materia di obbligo di contraddittorio preventivo apportate sempre dalla riforma fiscale.

La norma che ammette la chance di autotutela è il D.Lgs n°219/2023. Questo decreto di riforma fiscale ha inserito l’autotutela nello statuto  dei diritti del contribuente (vedi L.n°212/2000). Abrogando la vecchia norma ex art.2-quater del D.L. 564/1994.

Dopo la riforma fiscale sono previsti due tipi di autotutela:

Dunque, nel corso del proseguo è bene tenere a mente questa distinzione, anche perché le prime sentenze sull’autotutela post riforma fiscale hanno meglio chiarito gli effetti di tale differenziazione.

L’autotutela obbligatoria

L’articolo 10-quater dello Statuto del contribuente disciplina l’autotutela obbligatoria.

L’amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione (..).

I casi un cui scatta l’autotutela obbligatoria sono i seguenti:

  • errore di persona;
  • errore di calcolo;
  • errore sull’individuazione del tributo;
  • errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria;
  • errore sul presupposto d’imposta;
  • mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
  • mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.

In tutti questi casi l’Ufficio procede in automatico o su istanza del contribuente.

L’obbligo di non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato (6 mesi dal deposito 0 60 gg in caso di sua notificazione) favorevole all’amministrazione finanziaria. Nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione.

L’autotutela facoltativa

Accanto alla suddetta ipotesi di autotutela obbligatoria ce n’è un’altra in cui l’autotutela è solo facoltativa.

Fuori dei casi di autotutela obbligatoria, l’amministrazione finanziaria può comunque procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte,  in presenza:

  • di una illegittimità;
  • dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione.

Ciò vale anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi.

L’autotutela si applica anche ai tributi locali. Si veda l’atto di orientamento sull’autotutela obbligatoria.

Quando e perché richiedere l’Autotutela?

L’autotutela è molto conveniente. Infatti il contribuente direttamente o per il tramite del suo consulente può presentare una richiesta direttamente all’Agenzia delle entrate per l’annullamento di un atto.

La richiesta può essere preparata digitalmente e inviata tramite PEC alla direzione provinciale competente.

Dunque in questo modo il contribuente tenta di evitare il contenzioso.

Errori correggibili tramite autotutela

Come detto possono essere corretti tramite autotutela obbligatoria i seguenti errori:

  • errore di persona;
  • errore di calcolo;
  • errore sull’individuazione del tributo;
  • errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria; errore sul presupposto d’imposta;
  • mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
  • mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.

I casi sono quelli tassativamente indicati dal citato art.10-quater. Ciò per quanto riguarda l’autotutela obbligatoria.

In riferimento all’autotutela facoltativa la norma fa riferimento generico all’ illegittimità o all‘infondatezza dell’atto o dell’imposizione.

Ad esempio, chi scrive, ha presentato un’istanza di autotutela per un atto di recupero di un credito d’imposta inesistente contestato ad un contribuente ex titolare di un’impresa individuale poi soggetta a procedura di fallimento. Nel caso specifico, la responsabilità era da ricondurre alla sola persona del curatore. In tal modo si è evitato il contenzioso.

Vantaggi di Ricorrere all’Autotutela

Come detto i vantaggi dell’autotutela sono diversi.

In primis, il contribuente:

  • evita il contenzioso tributario se l’istanza di autotutela viene accolta;
  • risparmia parecchi soldi, infatti la parcella del commercialista potrebbe essere molto salata in caso di contenzioso.

Al contrario il costo per un’istanza di autotutela non va oltre le 200/300 euro.

I vantaggi ci sono anche per l’Agenzia delle entrate. Infatti oltre a non dover impiegare risorse umane in procedure che non permetteranno alcun recupero, il Fisco risparmia anche su un’eventuale parcella da pagare a chi lo rappresenta in giudizio.

Qual è la procedura per attivare l’autotutela tributaria?

Non c’è un modello obbligatorio da utilizzare per presentare l’istanza di autotutela.

Tuttavia, nell’istanza è necessario specificare:

  • i propri dati personali;
  • l’atto per il quale si richiede l’annullamento;
  • i motivi alla base della richiesta;
  • eventuali allegati (oltre al documento di identità).

La richiesta può essere presentata tramite PEC all’indirizzo della Direzione Provinciale competente.

Oppure tramite raccomandata o direttamente presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

Naturalmente si può incaricare della presentazione dell’istanza il proprio commercialista o il CAF di fiducia.

Esito dell’Autotutela: Cosa succede dopo la richiesta di autotutela?

Una volta presentata istanza di autotutela la risposta del Fisco può essere positiva o negativa.

A ogni modo, così come avveniva prima della riforma fiscale, la presentazione dell’istanza di autotutela non sospende i termini per la proposizione del ricorso.

A ogni modo, post riforma fiscale,  il diniego di autotutela è impugnabile.

L’esito è impugnabile?

Innanzitutto bisogna sempre distinguere tra autotutela obbligatoria e autotutela facoltativa.

Nel primo caso (autotutela obbligatoria):

  • è impugnabile il rifiuto espresso o tacito dell’istanza di autotutela obbligatoria prevista dall’articolo 10-quater;
  • il ricorso avverso il rifiuto tacito potrà essere presentato dopo il novantesimo giorno dalla proposizione dell’istanza di autotutela.

Dunque, se il Fisco non da alcuna risposta al contribuente (silenzio), il contribuente potrà proporre ricorso, dopo 90 giorni dalla proposizione dell’istanza e fino a quando il diritto non si sia prescritto.

Se invece l’autotutela obbligatoria viene rigettata espressamente (il Fisco risponde), il contribuente potrà proporre ricorso entro il termine ordinario di 60 giorni dalla notificazione dello stesso rifiuto di autotutela.

In ipotesi invece di autotutela facoltativa può essere impugnato solo  il diniego espresso dell’Amministrazione finanziaria. L’impugnazione dovrà avvenire entro il termine ordinario di 60 giorni; non potrà, dunque, proporre ricorso avverso il rifiuto tacito, e quindi in caso di silenzio dell’Amministrazione.

Cosa dice la giurisprudenza sull’autotutela dell’Agenzia delle entrate post riforma fiscale?

Vista la recente entrata in vigore della nuova autotutela ci sono a oggi pochi sentenze in merito.

Tuttavia, si segnala la sentenza, Corte di giustizia tributaria di I grado di Caserta, sentenza n. 3034 del 15 luglio 2024, con la quale il Giudice competente ha stabilito che, dal 5 gennaio 2024, con l’entrata in vigore delle modifiche allo Statuto del contribuente, non è impugnabile l’esito del riesame in autotutela, ma solo l’eventuale rifiuto di procedere al riesame/annullamento in questione.

Conclusioni

L’autotutela è un prezioso strumento fiscale per far valere le proprie ragioni contro un errore dell’Agenzia delle entrate. Tuttavia, è essenziale che i contribuenti siano consapevoli delle procedure corrette e dei documenti necessari per presentare l’istanza. L’esito dell’istanza di autotutela è impugnabile ma bisogna tenere bene a mente della netta distinzione tra autotutela obbligatoria e autotutela facoltativa. A ogni modo, i casi di autotutela obbligatoria sono tassativamente previsti dalla Legge. E’ impugnabile il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela obbligatoria prevista dall’articolo 10-quater; in ipotesi invece di autotutela facoltativa può essere impugnato solo  il diniego espresso dell’Amministrazione finanziaria.

Riassumendo…

  • L’autotutela permette di correggere errori fiscali senza ricorso al contenzioso tributario;
  • esistono due tipi di autotutela: facoltativa e obbligatoria.
  • è possibile richiederla per errori evidenti come doppi pagamenti o calcoli errati.
  • a richiesta si presenta all’Agenzia delle Entrate tramite PEC, raccomandata o di persona.
  • e l’istanza viene respinta, il contribuente può comunque avviare un contenzioso.

Andrea Amantea

Giornalista pubblicista iscritto all’ordine regionale della Calabria, in InvestireOggi da giugno 2020 in qualità di redattore specializzato, scrive per la sezione Fisco affrontando tutte le questioni inerenti i vari aspetti della materia. Ha superato con successo l'esame di abilitazione alla professione di Dottore Commercialista, si occupa oramai da diversi anni, quotidianamente, per conto di diverse riviste specializzate, di casi pratici e approfondimenti su tematiche fiscali quali fatturazione, agevolazioni, dichiarazioni, accertamento e riscossione nonché di principi giurisprudenziali espressi in ambito di imposte e tributi.

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