La data ufficiale non è stata ancora fissata, ma con ogni probabilità l’Offerta Pubblica di Vendita delle azioni Poste Italiane partirà da lunedì 21 ottobre e si concluderà entro il venerdì della stessa settimana. Giorno 6 novembre ci sarà la presentazione dei conti relativi al terzo trimestre e nei dieci giorni precedenti scatta il cosiddetto “blackout” sull’informazione finanziaria. Comunicato il consorzio bancario che seguirà l’operazione, sappiamo che essa potrà riguardare non oltre il 14% del capitale. Il governo di Giorgia Meloni ha stabilito che il 50% più un’azione dovrà rimanere in capo allo stato.
Offerta al 35% riservata a risparmiatori e dipendenti
Un altro 0,82% è in mano alle stesse Poste in qualità di azioni proprie. Dopodiché, il 12,05% risulta in mano agli investitori individuali e il restante 22,88% appartiene agli investitori istituzionali. Con un comunicato del Tesoro dell’1 ottobre scorso abbiamo appreso che il 35% della quota in vendita sarà dedicata al pubblico dei risparmiatori e ai dipendenti dell’istituto. Con la privatizzazione del 2015, il 30% venne riservato al canale retail. L’incasso atteso per questa seconda tranche è di circa 2,3 miliardi nel caso di cessione del 14%.
Secondo gli analisti, c’è il rischio che mettere in vendita così tante azioni Poste provochi un “overhang”, un eccesso di offerta. Tuttavia, essi aggiungono che destinare oltre un terzo della quota a piccoli risparmiatori e dipendenti possa mitigare tale rischio. Anche perché lo stesso Tesoro parla di possibili “forme di incentivazione” sotto forma di quote riservate e/o di prezzo, nonché di finanziamento in favore dei dipendenti. A tale riguardo, rileva quanto accaduto proprio nel 2015.
Possibile nuovo bonus share
Nove anni fa, in occasione della privatizzazione, lo stato decise di incentivare l’acquisto di azioni Poste Italiane tramite il lancio di un “bonus share”.
E’ la stessa logica che sta dietro al cosiddetto “premio fedeltà” quando si parla di bond retail del Tesoro (Italia, Futura e Valore): premiare la fedeltà dell’investitore, incoraggiandolo a mantenere il titolo in portafoglio. Altre forme di possibile incentivazione potranno passare dalla fissazione di un prezzo inferiore a quello valido per gli investitori istituzionali. Le azioni Poste verrebbero così acquistate a sconto. Sarebbe un “super sconto”, ad essere sinceri. Già in fase di OPV l’emittente è solito fissare un prezzo più basso del cosiddetto Terp, quello teorico che fa riferimento all’ultima seduta di borsa prima dell’annuncio.
Azioni Poste Italiane appetibili
Considerato che il Tesoro metterebbe in vendita una tranche pari al 14% del capitale, le azioni Poste riservate al retail sfiorerebbero il 5% del totale. Rispetto ai titoli di stato, com’è ovvio, non ci sarebbe alcuna garanzia sui flussi di reddito incassati, né sulla stessa tenuta del prezzo dopo la conclusione dell’offerta. Tuttavia, il titolo risulta appetibile. L’utile netto maturato nel 2023 è stato di 1,9 miliardi (+22,1%) su ricavi per 12 miliardi (5,4%). Nel primo semestre di quest’anno, l’utile netto maturato è stato di 1 miliardo, in crescita tendenziale del 14,3%. Chi pensa che l’istituto sia rimasto un semplice operatore nella consegna di pacchi e lettere, si sbaglia di grosso. I profitti derivano dal comparto finanziario, tra cui la distribuzione di prodotti assicurativi, Buoni fruttiferi e servizi di pagamento.