L’errore sulle pensioni fatto negli anni 70 che paghiamo ancora oggi (e pagheranno anche i nostri figli)

Pensioni concesse troppo allegramente negli anni Settanta pesano ancor oggi sul sistema pensionistico. Gli errori del passato che pagano figli e nipoti.
3 anni fa
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pensionati

La sostenibilità delle pensioni future è precaria, ma al momento non si pone. Anche perché a furia di tagliare e allungare l’età, lo Stato ha reso di fatto improbabile un default.

Eppure il problema c’è, ha radici lontane nel tempo e lo si nasconde con le riforme e i tagli. Come osservano gli esperti di Itinerari Previdenziali, paghiamo ancora più di 400 mila pensioni da oltre 40 anni senza che vi siano coperture contributive.

Pensioni anticipate a carico di figli e nipoti

Le pensioni anticipate sono state un disastro in passato.

Non ce n’era affatto bisogno. Usate a scopo elettorale, hanno creato un buco enorme nei conti previdenziali che stiamo pagando tutti e pagheranno soprattutto figli e nipoti.

Coinvolti maggiormente sono i giovani lavoratori di oggi. Quelli che quando furono fatte le riforme dagli anni 70 agli anni 90 non erano ancora nati. I loro genitori li hanno indebitati ritagliandosi pensioni allegre grazie a una classe politica ottusa e priva di lungimiranza.

Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali punta il dito contro le baby pensioni che ancor oggi dobbiamo sostenere. Ma anche contro i pensionamenti anticipati a 50 anni o con soli 25 anni di lavoro. Il tutto calcolato col sistema retributivo, dove la carriera era fatta a spese dello Stato.

Il risultato è che oggi ci sono ancora 476 mila pensionati che manteniamo da 45 anni. A pagare il conto sono oggi tutti i lavoratori che devono attendere i 67 anni di età per andare in pensione. Mentre domani saranno i giovani, i quarantenni attualmente al lavoro costretti a lavorare fino a 70 anni prendendo una pensione da fame.

Gli errori del passato che ricadono sul presente

Brambilla spiega chiaramente che le pensioni anticipate sono state il male dell’Italia degli anni Settanta. Ma anche oggi, benché non lo dica chiaramente, si intuisce che quota 100, ha contribuito ad appesantire ulteriormente i costi per lo Stato.

Affinché il sistema resti in equilibrio, è necessario un giusto rapporto tra il periodo della vita lavorativa e la durata della pensione.

La rendita pensionistica dovrebbe quindi avere una durata massima di 20-25 anni dopo il lavoro. Oltre tale limite il sistema va fuori giri. Come ammesso anche dall’Inps che ha anticipato un rosso di 15 miliardi per il 2021.

Per evitare eccessive durate o scarsi periodi di vita attiva che penalizzerebbero i lavoratori che oggi, è necessario limitare al massimo le pensioni anticipate.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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