In un’intervista congiunta, i governatori centrali di Francia e Germania hanno assicurato che la BCE riuscirà a domare l’inflazione nell’Eurozona. E il francese François Villeroy de Galhau si è spinto oltre, sostenendo che al board di dicembre ritiene che i tassi d’interesse saranno portati dalla BCE al 2%, cioè aumenteranno di un altro 0,50%. Il riferimento è ai tassi sui depositi delle banche, alzati allo scorso board di ottobre all’1,50%. Con questa decisione, ha spiegato, si concluderebbe il primo tempo, quello della normalizzazione della politica monetaria.
Quanto alla riduzione del bilancio, Villeroy ha dichiarato che sia “appropriato” che avvenga nel corso del 2023 sulla base di un percorso chiaro, cauto e progressivo. I criteri dovrebbero essere decisi proprio al board del 15 dicembre. In altre parole, oltre al rialzo dei tassi BCE sarà comunicato il mancato riacquisto dei bond in scadenza e precedentemente inseriti in portafoglio con il “quantitative easing”. Resta da vedere l’entità dei mancati riacquisti rispetto alle scadenze.
Insomma, la politica monetaria si fa sempre meno espansiva, sebbene bisogna mettere in conto che i tassi BCE attualmente al 2% siano cinque volte inferiore all’inflazione nell’Eurozona. Questa è scesa al 10% a novembre dal 10,6% di ottobre, ma restando pur sempre un quintuplo del target fissato dallo stesso istituto.
Previsioni tassi BCE
Villeroy non si è voluto sbilanciare sulla meta, vale a dire fin dove i tassi BCE arriveranno. Ha prospettato che ciò emergerà man mano che usciranno le previsioni macro aggiornate. Per la prima volta, quelle di dicembre comprenderanno anche il 2025. Ad oggi, il mercato stima che saliranno al 3% entro la prima metà del 2023. Dopodiché si stabilizzerebbero a quel livello. Negli USA, invece, dovrebbero salire fino a un massimo del 5% per iniziare ad essere tagliati verso la fine dell’anno prossimo.
L’Euribor a 3 mesi, che si rivela fortemente correlato ai tassi BCE di riferimento, è salito negli ultimi giorni al 2%. Non vedeva un tale livello da inizio 2009, quando il costo del denaro era stato abbassato a un livello uguale a quello attuale. All’inizio di quest’anno, era ancora a -0,57%. C’è da dire che ad inasprire le condizioni di liquidità sul mercato europeo c’è stata la parziale restituzione anticipata dei prestiti T-Ltro ottenuti dalle banche europee sotto pandemia a tassi persino negativi. 296 miliardi di euro sono tornati indietro, un fatto che ha contribuito a ridurre il bilancio dell’istituto già nel mese di novembre.
Secondo il banchiere centrale francese, il picco dell’inflazione nell’Area Euro sarà toccato “nella prima metà del 2023”. Fino a poche settimane fa, esso era stato intravisto “entro la fine dell’anno (2022, ndr)”, per citare gli alti funzionari dell’istituto. Proprio la persistenza dell’alta inflazione ha convinto il board ad utilizzare un linguaggio più da “falco” per cercare di ancorare le aspettative del mercato. Ciò è servito a riportare il cambio euro-dollaro sopra l’unità e ai massimi dallo scorso mese di giugno. Oggi, viaggia a 1,054. L’apprezzamento della moneta unica perlomeno allevia i rincari dei beni importati.