I dubbi sul possibile operato della Boschi su Banca Etruria
Il caso, infatti, ci offrirebbe un ministro e braccio destro dell’ex premier a interessarsi di una banca “di famiglia”, nel tentativo di scaricarne le perdite su una delle principali banche italiane, nonché unica sistemica nel nostro paese. Secondariamente, sarebbe la conferma che il governo sapesse a inizio 2015 del futuro crac di Etruria, ma che abbia atteso diversi mesi prima di intervenire con un provvedimento concordato tra Tesoro e Bankitalia e a dir poco pasticciato e autolesionista, se si considera che la bassissima valutazione dei due organi dei crediti deteriorati dei quattro istituti fu alla base del crollo dei prezzi sul mercato sia dei titoli che dei bond bancari.
In terza analisi, non può che lasciare sgomenti che il lavoro sottotraccia eventualmente svolto dal ministro Boschi (a che titolo?) non abbia sortito alcun esito positivo, finendo per risolversi in una perdita a carico del solito contribuente, seguita da oneri ben più enormi, legati al crac di MPS e alle due venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca). (Leggi anche: Banca Etruria, nuovi guai per Renzi e Boschi con l’insolvenza)
Le vere responsabilità politiche sulle banche sono di altri
Attenzione, però, perché se scagliassimo una sola pietra contro la Boschi, dovremmo subito dopo lanciare massi contro il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che pur non avendo parenti in banca, ha pasticciato tantissimo sul tema, convocando in Via XX Settembre a più riprese il gotha finanziario italiano e forzandolo a caricarsi di un salvataggio di sistema improprio, attraverso l’istituzione del fallimentare fondo Altante, servito solo a guadagnare settimane di tempo sprecato, prima che la crisi bancaria italiana degenerasse in maniera virulenta nella seconda metà dello scorso anno.
La Boschi è capro espiatorio di una politica cialtrona, che da anni più che mediare tra interesse privato e pubblico, si carica del primo, scaricandolo sui bilanci statali.