Investitori e risparmiatori sono sul piede di guerra. Il giorno dopo l’approvazione del decreto “salva banche” da parte del governo, non si placano gli animi di azionisti e obbligazionisti che dalla sera alla mattina si sono visti azzerare il valore dei propri investimenti nei quattro istituti bancari da tempo in amministrazione straordinaria (Banca Marche, Etruria, Carichieti e Carife). Come noto, il decreto del governo ha permesso il salvataggio delle banche, imponendo però agli azionisti e agli obbligazionisti subordinati (cioè quelli meno garantiti) di partecipare al salvataggio tramite l’azzeramento del valore dei loro strumenti finanziari.
Un colpo di mano a tutti gli effetti che somiglia tanto a quanto avvenuto in Olanda nel 2013 con SNS Bank e che si pensava che in Italia non potesse accadere. Ma a mali estremi, estremi rimedi. E per evitare l’applicazione della normativa sul “bail in” bancario dal 1 gennaio 2016 che avrebbe coinvolto inevitabilmente anche gli obbligazionisti senior e i correntisti, il governo ha scelto la via del male minore chiedendo altresì al sistema bancario di sostenere l’operazione di salvataggio degli istituti di credito. Una operazione affrettata e che, alla fine – secondo gli investitori – ha creato danni enormi più grandi che se fosse stata applicata la legge sul
bail in bancario fra qualche mese: sono infatti stati preservati interessi di parte (depositi, conti correnti superiori a 100.000 euro e obbligazionisti senior, oltre a qualche poltrona che fa comodo all’entourage politico e al potere bancario nazionale che presto o tardi si approprierà delle banche salvate, ora in bonis) a discapito di tanti, forse troppi piccoli investitori.
Azionisti e obbligazionisti pronti a intraprendere una class action Ma cosa si può fare di fronte a simili episodi di ingiustizia? Come può essere tutelato il risparmio a norma della Costituzione se poi chi fa le leggi non rispetta nemmeno i principi fondamentali del diritto? A differenza che in passato oggi vi è uno strumento di difesa nuovo, la
class action, cioè un’azione collettiva che può essere promossa da uno o più consumatori/risparmiatori.
La class action è sicuramente più incisiva di un ricorso individuale, tuttavia bisogna vedere se vi sono i presupposti per esercitarla trascinando lo Stato e le banche davanti a un tribunale. Per saperlo,
investireoggi.it ha chiesto parere ai legali specializzati Luca Dezzani e Davide Contini dello
Studio Legale Grimaldi che già segue gli obbligazionisti di SNS Bank e altri importanti casi a tutela del risparmio.
Ci sono – secondo Voi – possibilità sotto il profilo giuridico che gli azionisti e gli obbligazionisti delle quattro banche coinvolte recuperino almeno in parte i loro investimenti? “Si tratta di una procedura di stampo europeo mai adottata prima in Italia; ci sono ancora profili che richiedono uno studio approfondito perché anche il diritto si base su principi che non sono solo costituzionali, ma fisici, per cui è il caso di dire che nulla si crea e nulla si distrugge. Ci troviamo di fronte ad una scelta del legislatore che andrà verificata alla base di questo stesso principio: difficile ritenere che si possano azzerare delle azioni e delle obbligazioni mentre il valore reale delle aziende bancarie viene creato e ripartito a favore di più società (di nuova costituzione) in cui non partecipano i medesimi azionisti e bondholders”. Ma la soluzione adottata dal governo è stata sostenuta da più parti essendo l’unica che poteva assicurare la continuità operativa delle banche e il loro risanamento. Voi che opinione avete al riguardo? “Si tratta di una soluzione tecnica con implicazioni di ogni genere, da quelle di diritto comune a quelle costituzionali sino a quelle sovracostituzionali. A poche ore dall’adozione del DL si può solo dire che il passo del Governo è meritevole di sostegno per l’obiettivo di risanamento, ma le modalità tecniche sono tutte da studiare in quanto le misure adottate hanno inciso su beni di proprietà di terzi, e, si noti, non solo azioni ma obbligazioni bancarie che tradizionalmente, soprattutto i consumatori, hanno sempre vissuto come un approdo sicuro. Peraltro, obbligazioni che nella maggior parte dei casi sono state collocate dalle medesime banche di fiducia della clientela. E’ indubbio che questo aspetto, unitamente ad altri, potrebbe aprire il varco ad azioni di risarcimento da parte degli investitori sul mercato primario. C’è poi il mercato secondario che ha scambiato i titoli sino a poche ore prima dell’introduzione del decreto legge; anche questo è un aspetto non trascurabile”. E’ giusto dire che il modello di soluzione adottato comporta la spoliazione delle banche originarie a favore delle nuove banche (good-bank) e della stessa bad-bank? “Da una prima lettura del provvedimento sembra che gli asset delle vecchie banche vengano trasferiti alle nuove entità societarie senza riconoscere alcun ritorno alle vecchie banche; inoltre i crediti in sofferenza verrebbero trasferiti nella bad-bank la quale li deve realizzare nel più breve tempo possibile a prezzi di super saldo (17% del loro valore!), anche qui senza alcun riconoscimento alle vecchie banche e quindi ai vecchi azionisti e bondholders. Esiste il rischio concreto che questi ultimi possano lamentare di essere stati penalizzati. Se si vuole fare un paragone con il caso SNS, lo Stato Olandese aveva espropriato i titoli, mentre l’Italia ha seguito un percorso di trasferimento degli asset che, a livello formale, appare conforme alla procedura di risoluzione UE. Il punto decisivo, data anche l’assoluta novità del caso, sarà vedere la congruità dei valori che poi, in definitiva, è il medesimo percorso giudiziario che i Giudici Olandesi stanno seguendo per accertare la sussistenza di una danno risarcibile a favore dei bondholders di SNS.