Al via migliaia di pensioni anticipate in Banca Monte dei Paschi (MPS). Entro dicembre lasceranno il posto di lavoro ben 3.500 bancari con un anticipo pensione che può arrivare fino a 7 anni rispetto all’età di uscita.
Un terno al lotto si potrebbe dire. Anche perché ai dipendenti di MPS sarà riconosciuta una indennità pari al 85% della retribuzione e subito il TFR maturato. Cosa impensabile per la generalità dei lavoratori. Ancor meno per gli statali che possono vedere la buonuscita solo col binocolo.
MPS: prepensionamento per 3.500 dipendenti
Servono però almeno 800 milioni di euro e forse di più se si pensa che le pensioni anticipate saliranno di altre 700 unità il prossimo anno. Perché il Fondo di Solidarietà per il settore credito non può coprire tanti esuberi in un sol colpo. A tal fine è stato approvato un aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro.
Soldi che nessuno intende più mettere. Soprattutto per stendere un velo pietoso sugli eccessi delle assunzioni fatte in passato e sulla mala gestione della banca senese. Con la triste conseguenza che anche il personale (oggi in esubero) rischia così il posto di lavoro.
L’operazione di prepensionamento, prevista dal piano industriale 2022-2026, rischia quindi di avere pesanti ricadute sociali se non dovesse andare in porto. L’adesione di massa dei dipendenti MPS restringe, inoltre, le richieste di prepensionamento dei bancari appartenenti ad altri istituti di credito in odore di razionamento di personale.
In pensione sette anni prima con 85% dello stipendio
Nel dettaglio i dipendenti di MPS potranno anticipare l’uscita dalla banca fino a 7 anni. Grazie a un emendamento al decreto Milleproroghe lo scorso anno, lo Stato consente oggi di allungare di 2 anni lo scivolo pensionistico di chi lavora in banca. Da 5 a 7.
A conti fatti si tratta di un prepensionamento dorato che consente di lasciare il lavoro già a 60 anni di età.
Detto questo, però, è opportuno fare una profonda riflessione e domandarsi chi paga il conto di questa babele. Posto che saranno gli azionisti, attraverso l’aumento di capitale di MPS a tira fuori i soldi e che la banca senese è controllata al 65% dal Tesoro, va da sé che le pensioni ai bancari di MPS le pagheranno per la maggior parte i contribuenti.
Se poi ci aggiungiamo anche il fatto che i sindacati hanno ottenuto un incremento della indennità di prepensionamento da 80 a 85 per cento della retribuzione il conto risulterà ancora più salato. E che non ci vengano a raccontare che la modifica al decreto Milleproroghe, che allunga da 5 a 7 anni il prepensionamento dei bancari, non era funzionale a questo scopo.