Banche europee contro la BCE: basta con controlli rigidi e limiti alla libertà d’impresa

Le banche europee mostrano segnali crescenti di insofferenza verso la BCE per la policy eccessivamente rigida ai danni della libertà d'impresa
2 anni fa
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Banche europee contro BCE

La luna di miele tra banche europee e BCE, se mai ci fosse stata, sembra finita. Sono diversi i fronti di contrasto, che hanno portato il presidente di Société Générale, Lorenzo Bini Smaghi, nei giorni scorsi ad esternare il suo disappunto verso la presenza frequente degli ispettori di Francoforte alle riunioni del board degli istituti di credito. Una pratica, ha lamentato il banchiere italiano ed ex consigliere esecutivo della BCE, che non si riscontra presso alcuna giurisdizione avanzata.

Ma i motivi delle frizioni sono numerosi. Questa settimana si è diffuso il rumor circa presunte scintille tra Unicredit e BCE sulla contrarietà di quest’ultima allo stacco di maxi-dividendi. Nel dettaglio, non va già all’istituto centrale che la banca italiana abbia fissato l’obiettivo di staccare cedole per un valore assoluto (16 miliardi di euro al 2024), anziché in percentuale dei dividendi. Irritazione anche per la presenza di Unicredit in Russia, che accrescerebbe l’esposizione ai rischi.

Dividendi e prestiti T-Ltro pomo della discordia

Più in generale, la BCE pretende prudenza dalle banche europee in sede di distribuzione dei dividendi e di riacquisto delle azioni proprie (buyback). Teme che il possibile arrivo della recessione deteriori le condizioni del mercato creditizio al punto da colpire i conti delle banche. Per questo sollecita parsimonia nei confronti degli azionisti. Il fatto è che dopo il blocco dei dividendi durante la pandemia, le azioni delle banche europee sono risalite nell’attesa che almeno buona parte dei profitti torni ad essere distribuita.

In teoria, il rialzo dei tassi d’interesse dovrebbe sostenere i margini delle banche europee. Esse hanno già l’occasione di prestare denaro a tassi più alti rispetto a quelli praticati alla clientela sui conti deposito. Ma anche su questo fronte c’è il rischio che la BCE sia presto investita di una querelle legale.

Il board di fine ottobre ha modificato ex post le condizioni annesse alle aste T-Ltro. Furono 2.100 miliardi di euro i prestiti erogati alle banche europee a tassi fino al -1%. Dovranno essere restituiti al più tardi entro il 2024.

Ora che i tassi BCE sono saliti, sta succedendo che le banche stiano facendo profitti semplicemente parcheggiando a Francoforte stesso la liquidità presa in prestito sottocosto. Per questo motivo la BCE ha deciso di ridurre i tassi d’interesse applicati a tali prestiti, a partire dal 23 novembre. Decine di miliardi di minori profitti per le banche europee, le quali li avevano messo grossi modo già in conto. Il punto è che la modifica delle condizioni è avvenuta unilateralmente.

Banche europee tra libertà e responsabilità

Chi ha ragione? Le questioni sono complesse. La BCE fa il suo mestiere di vigilante del sistema bancario europeo. Deve difenderne la stabilità da possibili fragilità potenziali. Come spesso accade, la vigilanza deve scegliere tra stabilità ed efficienza. La prima rischia di essere garantita a discapito della seconda e viceversa. Ma qua il punto va oltre. Le banche europee hanno molte ragioni dalla loro a lamentare un forte dirigismo della BCE. In fondo, esse sono aziende e come tali hanno diritto alla libertà d’impresa fintantoché i loro comportamenti non nuocciano al sistema economico.

Ma le banche europee omettono di dire che in questi anni sono state mantenute in vita proprio da quella BCE che oggi vedono come matrigna. Paccate di denaro a tassi reali e persino nominali negativi. Soldi che sono serviti il più delle volte ad abbellire i bilanci e fomentare la speculazione sui mercati finanziari, più raramente a sostenere il credito a imprese e famiglie. Per non parlare del fatto che i salvataggi pubblici delle banche europee con la crisi finanziaria del 2008 devastarono i bilanci degli stati, gravando sui contribuenti.

Le banche dovrebbero pretendere più libertà d’impresa, ovverosia la possibilità di distribuire tutti i dividendi che ritengono opportuni e di riacquistare le azioni proprie che desiderano. Ma con una postilla: in caso di difficoltà, non dovranno in nessun caso essere salvate con soldi pubblici. E la tiritera per cui “se fallisce una banca, vien giù tutta l’economia” non può servire per coprire le magagne di una gestione scellerata. Così funziona il capitalismo: libertà e responsabilità camminano insieme. Se una delle due viene meno, si chiama socialismo. Reale o dei furbi.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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