Venerdì 18, il governatore della BCE, Christine Lagarde, ha detto un paio di cose interessanti circa la politica monetaria. La prima è che il rischio di recessione nell’Eurozona cresce, ma che ciò impatterà probabilmente poco sul calo dell’inflazione. La seconda è una conseguenza: serve continuare ad alzare i tassi d’interesse e al contempo usare ulteriori strumenti per centrare l’obiettivo della stabilità dei prezzi. In altre parole, arriverà con l’anno nuovo il “quantitative tightening” (QT). E sempre venerdì era il giorno entro cui alla BCE le banche europee dovevano comunicare se e quanti prestiti ricevuti alle aste T-Ltro rimborseranno in anticipo mercoledì 23.
Scontro tra BCE e banche europee
La situazione la conosciamo già. La BCE ha prestato 2.100 miliardi a tassi fino al -1% alle banche europee tra il 2020 e il 2021. Questo denaro doveva servire per sostenere il credito e, quindi, l’economia dell’Eurozona nei mesi bui della pandemia. Oggi, con l’inflazione in doppia cifra non serve più. Anzi, tanta liquidità disponibile risulta persino controproducente per la stabilità dei prezzi. Inoltre, su di essa le banche europee percepiscono tassi BCE divenuti nettamente superiori ai tassi a cui il denaro fu preso in prestito. Profitti miliardari senza far nulla, che ha spinto Francoforte a rivedere le condizioni contrattuali retroattivamente.
Le banche europee protestano, perché sostengono che legalmente abbiano diritto ad incassare gli interessi prospettati loro dalla BCE in fase di erogazione. Il fatto è che il board al tempo non si aspettava un rialzo dei tassi così repentino. Sta di fatto che ha offerto loro una soluzione: uscire dai prestiti con nuove finestre per i rimborsi anticipati. Un modo gentile per dire ai banchieri di restituire il malloppo.
Titoli di stato reggono a QT e rimborsi prestiti T-Ltro
In base ai dati di venerdì, le banche europee hanno risposto picche alla prima chiamata. E questo è stato per il momento un bene per i titoli di stato dell’area. Infatti, con il rimborso dei prestiti la BCE restituirà i titoli di stato consegnati a titolo di collaterale di garanzia. La maggiore disponibilità di bond graverebbe sui prezzi. Ed è probabile che avrebbe effetti negativi anche sugli spread, sebbene non sia scontato.
Venerdì, forse non a caso lo spread tra BTp a Bund a 10 anni è sceso sotto 190 punti, ai minimi da maggio. E il BTp a 10 anni offriva poco meno del 3,90%. Infatti, il decennale tedesco ripiegava al 2% esatto. Non c’è stato solamente il dato sui rimborsi delle banche europee a dare una mano. Anzi, le ragioni vanno ricondotte essenzialmente alla previsione del mercato di una stretta sui tassi quasi al culmine negli USA. Ma la bassa risposta ricevuta dalla BCE ha giovato ai titoli di stato dell’area. Ha frenato l’aumento dell’offerta disponibile, anche se probabilmente le banche europee sposteranno buona parte dei rimborsi attesi già per novembre alla finestra di dicembre.
Positiva è stata, infine, la reazione dei giorni scorsi alla prospettiva ormai assodata di un QT “passivo” a partire dai primi mesi del 2023. La BCE cesserà di riacquistare i titoli di stato e le obbligazioni private in scadenza, vedremo se in toto o in parte. Si ridurrà la domanda di bond sul mercato e questo esporrà governi e aziende alle condizioni pretese unicamente dagli investitori privati.