I crolli in borsa dei titoli bancari non hanno riguardato tutti nella stessa misura. Dall’inizio dell’anno, MPS ha perso quasi il 49%, Intesa-Sanpaolo poco più del 17%, Unicredit e Ubi Banca il 31%, Banco Popolare il 35%. La differenza nelle perdite subita è conseguenza della diversa solidità percepita. Ma a questo punto, chiediamoci a quali indicatori il mercato guarda per valutare se una banca sia o meno a rischio. Uno di questi si chiama “Texas ratio”, in quanto è un rapporto inventato negli anni Ottanta dal banchiere di RBC Capital Markets, Gerard Cassidy, e utilizzato per la prima volta proprio in quel periodo per valutare lo stato di salute delle banche texane, dopo che ne erano già fallite 400 piccole, a causa della recessione in corso dell’economia americana.
La logica del Texas ratio
Dunque, la soglia di rischio, stando al Texas ratio, sarebbe proprio 1. Al di sopra di essa, si avrebbe una banca poco solida e con un fabbisogno di capitale. Ma le banche italiane come sono messe, se guardassimo a questo indicatore? Facciamo i conti con gli istituti sopra citati. Iniziamo da quello considerato più a rischio: MPS ha oggi un patrimonio tangibile di circa 9,4 miliardi, a fronte del quale detiene crediti deteriorati lordi per 47,4 miliardi. Di questi, però, sono stati accantonati già 26,1 miliardi, per cui il rapporto si attesterebbe a 1,34, segnalando effettivamente un capitale insufficiente rispetto alle possibili perdite.