Anche a febbraio è proseguito il calo dei depositi bancari in Italia. Le giacenze del settore privato sono scese a 1.787,5 miliardi di euro, segnando una riduzione annuale del 2,2%. Rispetto ai massimi toccati a luglio, quando avevano raggiunto i 1.873,1 miliardi, c’è stato un crollo di 85,6 miliardi in sette mesi, qualcosa come il -4,6%. Nello stesso arco di tempo, però, gli investimenti delle famiglie in bond emessi dalle banche sono aumentati di 10,8 miliardi a 211 miliardi (+5,4%). Per quanto in valore assoluto ci troviamo dinnanzi a cifre estremamente differenti, il trend sembra suggerire un deflusso della liquidità dai conti bancari a favore del mercato obbligazionario.
Sappiamo anche, ad esempio, che tra giugno e novembre dello scorso anno le famiglie italiane hanno aumentato le esposizioni verso i titoli del debito pubblico nazionale di una ventina di miliardi. Non sembra difficile immaginare cosa stia accadendo. I tassi d’interesse medi offerti dalle banche sui conti correnti sono saliti solo allo 0,21%. Sui conti depositi hanno raggiunto lo 0,54%. Variazioni insignificanti, se si pensa che nel frattempo i titoli di stato a 12 mesi arrivano ad offrire anche il 3,60%.
La riduzione della liquidità in banca non è solo frutto di scelte d’investimento. Negli anni della pandemia, i risparmi erano esplosi come risultato di bassi consumi e prudenza nello spendere. Finite le restrizioni anti-Covid, le famiglie sono tornate a viaggiare, ad uscire e l’alta inflazione ha fatto impennare il budget destinato alle spese obbligatorie come le bollette. Verosimile che molti italiani abbiano attinto ai risparmi per fronteggiare costi imprevisti.
Bond più appetibili con rialzo dei tassi
I bond sono, comunque, tornati appetibili dopo anni di scarsissimo interesse. E persino le obbligazioni bancarie ritrovano un po’ di appeal. Tra i primi mesi del 2018 e lo stesso periodo del 2022, avevano registrato deflussi per una settantina di miliardi di euro. Quanto alle ragioni per cui le banche continuino a mantenere i tassi sui conti deposito a livelli così infimi, abbiamo più volte segnalato che ciò abbia a che vedere con le elevate scorte di liquidità detenute.
Tra il 2020 e il 2021, la Banca Centrale Europea prestò 2.100 miliardi di euro alle banche commerciali dell’Eurozona a tassi fino al -1% per tre anni. La stragrande maggioranza di quel denaro deve ancora essere restituito. Solo quando i rimborsi saranno stati perlopiù completati, le banche avranno l’esigenza di rivolgersi alla clientela. Sempre che per allora le condizioni di mercato non si saranno nuovamente allentate e la liquidità torni a circolare a costi contenuti.
Infine, tassi bassi sui conti danno anche il senso della scarsa vivacità dell’economia in questa fase. Le banche non stanno prestando denaro a imprese e famiglie. Tra settembre 2022 e il mese scorso, gli impieghi sono diminuiti di 34 miliardi. Un ritorno agli investimenti delle imprese favorirebbe l’innalzamento dei tassi a favore anche dei risparmi lasciati in banca.