Ma davvero bastano 15 anni per le pensioni anticipate? Ecco la verità

Come sfruttare ancora oggi la pensione a 67 anni con 15 anni di contributi con una delle tre deroghe Amato.
2 anni fa
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Nel 2025 per andare in pensione basteranno anche 65 anni e 8 mesi di età, ecco tutti i requisiti, le regole e i possibili beneficiari.
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Due sono i requisiti che bisogna raggiungere nel momento in cui un lavoratore decide di andare in pensione. Si tratta del requisito contributivo e di quello retributivo. Almeno questi sono i requisiti da centrare per lasciare il lavoro nella maggior parte dei casi e per la maggior parte delle misure. Salvo rare eccezioni, rappresentate per lo più da pensione anticipata ordinaria e quota 41 per i precoci, per le quali basta il requisito contributivo, l’età conta per tante altre misure.

Ma ci sono soluzioni che possono permettere di andare in pensione anche senza aver raggiunto i requisiti minimi anagrafici e contributivi.

Se partiamo dal presupposto che la pensione di vecchiaia si prende una volta raggiunti almeno i 67 anni di età ed almeno i 20 anni di contributi versati, ecco che le alternative non mancano. Per esempio c’è la pensione anticipata contributiva per la quale servono 20 anni di contributi ma 64 anni di età e non 67. E se parliamo di contribuzione minima, grazie alle deroghe Amato si può andare in pensione con 67 anni di età e 15 di contributi anziché 20. Ma siamo sicuri che siano misure ancora oggi fruibili? Ma davvero bastano 15 anni per le pensioni anticipate?

“Salve, volevo capire che opportunità ci sono davvero per andare in pensione con 15 anni di contributi. Io mi sono fermata a questa breve carriera lavorativa e mi chiedevo se le tante cose che sento su pensione quindicenni e deroghe Amato sono vere. Perché nel 2024 compirò 67 anni di età e potrebbe farmi comodo una pensione. Grazie.”

Pensioni anticipate con 15 anni di contributi, ecco come funzionano le tre deroghe Amato e chi può sfruttarle

Si chiamano deroghe Amato le misure che consentirebbero di accedere alla pensione una volta raggiunti i 15 anni di contributi ed i 67 anni di età. Perché parliamo al condizionale? perché come vedremo adesso che passeremo ad analizzare le tre misure, si tratta di strumenti che tutto sono tranne che facilmente fruibili.

Soprattutto oggi. Si chiamano deroghe perché sono alternative ai requisiti vigenti per le pensioni di vecchiaia ordinarie. Alternative quindi ai 67 anni di età ed ai 20 anni di contributi, ovvero le due soglie minime per la vera quiescenza di vecchiaia.

In effetti la pensione con le deroghe Amato è una forma di pensionamento di vecchiaia che ha nei 67 anni l’età da completare e nei 15 anni la carriera minima richiesta al posto di quella da 20 anni ordinaria. Fu il DLGS 503 del 1992, a prevedere questo genere di pensionamento. Erano i tempi del Governo guidato dal Premier Giuliano Amato e per questo che le tre deroghe prendono il nome del Presidente del Consiglio di allora. Sono tre le deroghe previste, e tutte hanno nei 15 anni di contribuzione minima la soglia assicurativa.

La prima deroga Amato e la pensione con 15 anni di contributi

La prima deroga Amato è quella che oggi appare senza dubbio difficile da usare per evidenti questioni temporali ed anagrafiche dei potenziali richiedenti. Alzi la mano chi oggi compie 67 anni di età e ha una carriera pari a 15 anni di contributi completati già il 31 dicembre 1992. Infatti la prima deroga Amato consente la pensione a 67 anni con 15 anni di contributi, se questi risultano accreditati al lavoratore già entro la fine dell’anno 1992. In pratica servirebbe che un lavoratore nato nel 1956 abbia iniziato a lavorare nel 1976 ed abbia interrotto la sua carriera nel 1992, senza più lavorare o quasi. Perché se ha continuato a lavorare superando i 20 anni di contributi, a 67 anni per lui la deroga Amato sarebbe inutile. Perché il lavoratore rientrerebbe nella pensione di vecchiaia ordinaria.

La contribuzione volontaria e come funziona quella utile alle deroghe Amato

Se difficile è la prima deroga Amato, lo è anche di più la seconda.

Infatti per questa misura oltre ai 15 anni di contributi versati serve che il lavoratore abbia ricevuto dall’INPS l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria dei versamenti. E sempre entro il 31 dicembre 1992. Il lavoratore che ha cessato o interrotto l’attività lavorativa può continuare a versare autonomamente i contributi grazie allo strumento della prosecuzione volontaria. Questo soggetto infatti può accedere al versamento volontario dei contributi per perfezionare i requisiti atti a raggiungere il diritto alla pensione.

La prosecuzione volontaria può servire anche per incrementare l’importo del trattamento pensionistico per chi non ha problemi a raggiungere i requisiti minimi. Evidente che i contributi volontari sono utili sia al diritto alla pensione che al calcolo della misura del trattamento pensionistico. Tale facoltà è ammessa per i lavoratori che hanno cessato o interrotto l’attività lavorativa ed anche per quelli iscritti alla Gestione Separata.

In genere la prosecuzione volontaria viene utilizzata da lavoratori che hanno cessato o interrotto l’attività, da chi ha contratti part time o da chi ha richiesto l’aspettativa non retribuita, tanto per motivi di studio che per motivi familiari. Se l’autorizzazione è sopraggiunta da parte dell’INPS entro il 31 dicembre 1992, l’interessato può accedere alla seconda deroga Amato. Anche se dopo l’autorizzazione non ha versato ciò che avrebbe dovuto. Perché per la seconda deroga Amato basta l’autorizzazione.

La pensione per i lavoratori discontinui, ecco la terza deroga Amato

Per le deroghe Amato e per le 780 settimane di contribuzione che servono, e che sono l’equivalente di 15 anni di contributi espressi in settimane,  sono validi tutti i tipi di contributi. Buoni pertanto i contributi volontari, obbligatori, figurativi, da riscatto e ricongiunzione. E perfino quelli versati all’estero in Paesi europei o convenzionati con l’Italia. Come abbiamo visto, le prime due deroghe sembrano oggi fuori tempo e quindi potenzialmente fruibili per pochi lavoratori. Leggermente meglio la terza deroga. Essa riguarda i lavoratori dipendenti iscritti all’INPS o ad altre gestioni sostitutive o esonerative, ma che hanno avuto una carriera discontinua.

Infatti la terza deroga prevede sempre la pensione con 15 anni di contributi e 67 anni di età, ma solo per chi ha avuto una carriera priva del requisiti della continuità. Nel dettaglio serve che il primo contributo previdenziale versato sia antecedente di 25 anni la data in in cui presenta domanda di pensione. E poi serve che almeno 10 anni di lavoro siano stati svolti per periodi inferiori alle 52 settimane. Perché almeno 10 anni devono avere copertura assicurativa inferiore all’anno intero.

 

 

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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