In una lunga lettera inviata al governo italiano, la BCE ha tirato le orecchie al nostro Paese sull’operazione “cashback”, l’iniziativa che dall’8 dicembre scorso consente ai consumatori di ottenere il rimborso del 10% delle spese effettuate presso i negozi fisici fino a un massimo di 150 euro per il mese di dicembre, a patto che abbiano effettuato almeno 10 transazioni e tutte con carta o app. Secondo Francoforte, la misura non sarebbe proporzionata all’obiettivo dichiarato di incentivare gli italiani a utilizzare maggiormente i pagamenti digitali per contrastare l’evasione fiscale.
In particolare, rileva come le banconote e le monete emesse a corso legale non possano essere oggetto di limitazioni nell’uso, a meno che non vi siano mezzi di pagamenti alternativi disponibili. A tale riguardo, eccepisce che bisognerebbe verificare se tali alternative siano equivalenti e, pur apprezzando l’obiettivo come “interesse pubblico”, ha invitato l’esecutivo a considerare le ripercussioni negative di queste ultime, chiarendo che in futuro simili iniziative debbano essere concordate con Francoforte.
Qual è la ragione della critica al cashback? Quella formale consiste nel fatto che i governi dell’Eurozona non possano restringere l’uso della moneta emessa dalla BCE a corso legale. Si tratterebbe nei fatti di un’opera di delegittimazione dell’euro “fisico”, inaccettabile per una banca centrale nata per emetterlo e tutelarne la stabilità del potere di acquisto nel tempo. Non a caso, il giorno precedente alla lettera, il direttore della Banca Nazionale Austriaca, Eduard Shock, aveva difeso il contante “nelle vite di tutti i giorni dei cittadini”. La stessa Bundesbank è schierata su posizioni di forte difesa del cash contro i tentativi degli ultimi anni di governi e parte della stessa BCE di transitare l’economia verso un euro “digitale”, così da combattere evasione fiscale, economia illecita e terrorismo.
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Il rischio di una moneta parallela all’euro
In realtà, c’è di più e tra le righe lo chiarisce proprio la lettera della BCE, quando spiega di possedere il monopolio dell’emissione della moneta. In che senso? Così com’è congegnato, il cashback si basa sulla tecnologia di un’app, attraverso la quale il governo riuscirebbe a restituire al consumatore una percentuale della spesa effettuata digitalmente. Non vi dà la sensazione di una sorta di potenziale moneta parallela? E se un giorno venisse sfruttata per caricare sui conti degli italiani una quantità di denaro sfuggente, almeno temporaneamente, al bilancio pubblico e magari neppure più formalmente in euro?
Il discorso è molto più serio di quanto si pensi. E sembra abbastanza curioso che la BCE non si sia espressa ad oggi su un’altra iniziativa del governo italiano, a dire il vero in vigore già da qualche anno, ma che sta attecchendo in questi mesi grazie al Superbonus 110%: la cessione del credito. Per diverse opere di ristrutturazione di un immobile, il proprietario ha diritto alle detrazioni fiscali. Per monetizzarle subito, anziché attendere i canonici 5-10 anni, può cederle a un istituto di credito o alla ditta che effettua i lavori, i quali a loro volta le compenseranno con i rispettivi debiti fiscali. Pertanto, lo stato subisce nell’immediato un calo del gettito fiscale per l’intera detrazione ammessa, attraverso il gioco della cessione del credito d’imposta. Nessuna somiglianza con la moneta fiscale, altrimenti denominata anche “minibot”? In questo caso, i proponenti ritengono che lo stato debba emettere esplicitamente titoli di credito a favore dei contribuenti, i quali potranno usarli per compensare debiti di natura fiscale dopo un certo periodo di tempo, potendoli già girare agli altri per monetizzarli subito, verosimilmente a sconto, un po’ come fosse una moneta parallela all’euro.
Ecco, la tirata di orecchie della BCE all’Italia non è pura formalità. A Francoforte si teme che il governo italiano abbia creato un precedente pericoloso anche per il resto dell’Eurozona, istituzionalizzando un disincentivo al cash, che con qualche accorgimento tecnico in futuro avrebbe le potenzialità di trasformarsi in emissione di una vera moneta parallela all’euro, magari per abbellire i bilanci nel breve termine. E dopo la pandemia, le cattive intenzioni a Roma potrebbero prevalere per sfuggire alla dura realtà fiscale che presenterà il conto di questo disastro sanitario ed economico.
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