Ogni volta che Christine Lagarde apre bocca, finisce che qualcuno (tanti) non capisca il senso delle sue parole e inizi a reagire di conseguenze. Di solito, sono i mercati finanziari a muoversi dopo le sue dichiarazioni in conferenza stampa o situazioni non ufficiali. Stavolta, invece, qualche tremolio è venuto a milioni di italiani, intimoriti che la Banca Centrale Europea (BCE) possa avere sollecitato l’Italia al taglio delle pensioni. Intervistata da un gruppo editoriale spagnolo, il governatore ha ribadito che al board di marzo ci sarà un rialzo dei tassi quasi certamente dello 0,50% e dopodiché si è lanciata in una richiesta irrituale ai governi dell’Eurozona: basta con l’indicizzazione degli assegni previdenziali all’inflazione.
C’era una volta la scala mobile
Lagarde, non a torto, sostiene che l’aggancio dei redditi all’inflazione in passato ebbe conseguenze sgradevoli. Anziché favorire i titolari di quei redditi, finì per alimentare l’inflazione, accentuando la perdita del potere di acquisto. In Italia, tra la metà degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta fu in vigore la cosiddetta “scala mobile” con i famosi punti di contingenza. Essa rivalutata periodicamente salari e stipendi al tasso d’inflazione in base alle fasce di appartenenza. Quel sistema fu soppresso dal governo Craxi nel 1984 con il decreto “San Valentino” e un referendum abrogativo l’anno successivo diede ragione all’esecutivo.
Dagli inizi degli anni Novanta, invece, gli assegni previdenziali sono rivalutati annualmente in base all’inflazione. Dunque, i pensionati restano tutelati dal carovita. Ci sono stati diversi interventi in materia per attenuare il contraccolpo che questa “scala mobile” comporta a volte per i conti pubblici. Solamente nel 2023 per effetto del boom dell’inflazione l’anno scorso, la spesa dell’INPS salirà di oltre una ventina di miliardi di euro, circa l’1% del PIL.
Nuovo sistema di perequazione assegni
Se Lagarde chiede la fine dell’indicizzazione, andremo verso un taglio delle pensioni? Come sappiamo, già per quest’anno il governo Meloni ha ridotto la misura dell’indicizzazione per gli assegni di importo superiore alle quattro volte il trattamento minimo.
- 100% fino a 4 volte la minima;
- 85% tra 4 e 5 volte la minima;
- 53% tra 5 e 6 volte la minima;
- 47% tra 6 e 8 volte la minima;
- 37% tra 8 e 9 volte la minima;
- 32% sopra 10 volte la minima.
Taglio pensioni già avvenuto con deindicizzazione
In cambio, le pensioni minime sono state rivalutate dell’1,5% oltre l’inflazione (+6,4% per gli over 75). L’intento del governo non è stato di spezzare il presunto circolo vizioso tra assegni e inflazione, quanto di risparmiare risorse per fare quadrare i conti pubblici e consentire tra l’altro l’erogazione dei sussidi a famiglie e imprese contro il caro bollette. Il richiamo di Lagarde non è stato formale, ma un “pour parler” che sa tanto di posizione individuale, di riflessione pubblica pur importante, data la posizione che la francese riveste nelle istituzioni europee.
Non c’è la richiesta di alcun taglio delle pensioni. Anzi, se vogliamo il governo Meloni può scorgere in quelle parole una sorta di placet per il meccanismo di deindicizzazione introdotto tra le polemiche con la legge di Bilancio. Sono stati salvaguardati gli assegni medio-bassi, che riguardano la stragrande maggioranza del totale. La stessa Lagarde sostiene che i redditi più bassi debbano essere sostenuti, ma con misure alternative come bonus mirati. Nel caso dell’Italia, abbiamo mantenuto intatta l’indicizzazione, riducendola per gli assegni sopra i circa 2.100 euro al mese.
Non ci sarà alcun taglio delle pensioni in risposta alle dichiarazioni di Lagarde, anche perché la BCE non ha alcuna competenza in materia fiscale.