E se la BCE tagliasse i tassi di interesse proprio per reagire ai dazi di Trump?

I dazi ventilati dal presidente eletto Donald Trump anche sulle merci europee starebbero impattando sulle decisioni della BCE sui tassi.
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La BCE reagirà ai dazi di Trump?
La BCE reagirà ai dazi di Trump? © Licenza Creative Commons

E’ scattato l’allarme sui dazi a Bruxelles con la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane. Ed è stata superiore alle previsioni, avendo conquistato anche il voto popolare e il Congresso. Il tycoon ha promesso di imporre barriere doganali elevatissime contro le merci cinesi, ma senza ignorare quelle europee. Nel mirino gli ingenti surplus commerciali di paesi come Germania e Italia, oltre alla Cina. Il suo concetto è semplice, ribadito nei giorni scorsi da Steve Bannon nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera: chi vuole vendere sul ricco mercato americano, deve pagare.

Eurozona esposta ai dazi di Trump

I dazi di Trump sarebbero una iattura per un’economia europea dipendente dalle esportazioni. E non potevano arrivare in un momento peggiore. Abbiamo una domanda interna debole per via degli anni di alta inflazione, mentre ci accingiamo a rientrare dai deficit sopra i target fissati dal Patto di stabilità. In sintesi, non ci sono denari pubblici con cui sostenere le economie nazionali. Tant’è che personalità come Mario Draghi lanciano appelli ad agire uniti anche sul fronte delle emissioni di debito comune, un modo per sostenere consumi e investimenti senza intaccare i bilanci nazionali.

Cambio euro-dollaro al collasso

Difficile che si trovi un accordo sulla politica fiscale. La Germania è già di fatto in campagna elettorale con la crisi del governo Scholz. E i tedeschi non accetterebbero mai di sentirsi dire che dovranno indebitarsi insieme a italiani, francesi, spagnoli, ecc. Per questo motivo è rimasta la sola Banca Centrale Europea (BCE) a poter fare qualcosa per limitare i danni. Come? Tagliando i tassi di interesse. Vi spiegate perché nelle ultime settimane e, soprattutto, dopo i risultati elettorali negli States i toni a Francoforte sono cambiati in favore di un maggiore allentamento monetario?

Guardate al grafico di sotto. E’ il cambio euro-dollaro nelle ultime sedute. Ha perso il 3,5% dalla data delle elezioni Usa del 5 novembre, scendendo ai minimi dall’ottobre dello scorso anno.

Il mercato forex sconta tassi BCE in calo più velocemente di quelli della Federal Reserve. Il divario a un anno è atteso in aumento di mezzo punto percentuale tra le due sponde dell’Atlantico. E sappiamo che i capitali si spostano dove i rendimenti sono maggiori e si prevede che restino tali nel medio termine. Ciò sta indebolendo la moneta unica contro il biglietto verde.

Cambio euro-dollaro prima e dopo la vittoria di Trump
Cambio euro-dollaro prima e dopo la vittoria di Trump © Licenza Creative Commons

Taglio dei tassi BCE per svalutare l’euro?

Quello che sembrava un trend temuto e avversato fino a qualche settimana fa, adesso potrebbe essere persino voluto. Segnalando di voler continuare a tagliare i tassi, la BCE starebbe di proposito indebolendo il cambio. Sarebbe un modo per reagire proprio ai dazi di Trump. Questi avrebbero l’effetto di ridurre la competitività delle nostre merci sul mercato americano, innalzandone i prezzi per i consumatori. Ma se nel contempo il dollaro si rafforzasse contro l’euro, i prezzi per gli americani ne risulterebbero per altra via diminuiti. In gergo, si definisce “guerra commerciale” o anche “valutaria”.

Non è detto che la strategia funzioni. Solamente se la riduzione del cambio equivalesse per intero all’incremento di costo patito dai consumatori americani, riusciremmo a neutralizzare del tutto gli effetti dei dazi di Trump. Tuttavia, la mossa non sarebbe sostenibile nel caso in cui l’inflazione nell’Eurozona tornasse a salire. La BCE non può tagliare i tassi a costo di destabilizzare i prezzi al consumo nell’area. E il rischio sarebbe proprio questo. Poiché un euro più debole innalza i costi delle importazioni, i consumatori europei ne avvertirebbero le conseguenze.

Dazi di Trump innescano reazioni tra potenze

Lo stesso farebbe forse la Cina con una svalutazione dello yuan.

Attenzione, perché a Washington non starebbero a guardare. L’amministrazione americana farebbe pressioni sulla Fed per ottenere tagli dei tassi più radicali. In quel modo, passerebbe al contrattacco, neutralizzando a sua volta le mosse degli avversari. Un gioco di azione, reazione e controreazione scatenato dai dazi di Trump e dall’esito imprevedibile. L’unica certezza sarebbe l’instabilità finanziaria e dei prezzi. A Bruxelles è tempo di pensare a come crescere senza dipendere dai dollari dello zio d’America.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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