Le aspettative d’inflazione nell’Area Euro restano elevate da troppo tempo e servono ulteriori aumenti dei tassi d’interesse per “raffreddarle”, stando al Bollettino economico della Banca Centrale Europea (BCE). Il numero due dell’istituto, lo spagnolo Luis de Guindos, ha avvertito che la stretta monetaria proseguirà, pur aggiungendo che “il grosso è stato fatto”. A metà giugno, dunque, con ogni probabilità i tassi di riferimento saliranno al 4%. Salvo sorprese, nuovo rialzo a luglio al 4,25%. E questo dovrebbe essere l’ultimo.
Fine della stretta monetaria si allontana
I tassi sui depositi bancari arriverebbero così fino al 3,75% dal 3,25% attuale. E’ quanto scontano anche i futures sull’Euribor a 3 mesi sui mercati. E le buone notizie arrivate in queste settimane per l’economia italiana, quasi per paradosso, rappresentano una cattiva notizia per coloro che invocano la tregua monetaria. Più l’economia nell’Area Euro si mostra resiliente al rialzo dei tassi BCE, più Christine Lagarde potrà proseguire con la stretta senza preoccuparsi eccessivamente dell’impatto. Se ad andare bene e meglio delle previsioni è, poi, l’economia più indebitata dopo la Grecia, ci sarebbe poco da temere.
Da luglio, la BCE cesserà del tutto di riacquistare i bond in scadenza che detiene nel proprio portafoglio a seguito del varo del Quantitative Easing nel 2015. Di fatto, si traduce già in un aumento ulteriore dei tassi di mercato, cioè del costo del denaro. La vera domanda non sembra essere più fino a quale livello i tassi BCE saliranno. Adesso, l’incognita riguarda la durata della fase restrittiva. In altre parole, quando arriverà il primo taglio dei tassi?
A tale proposito, qualcosa di più ce la dice il grafico sui rendimenti del Bund a 2 anni.
Tassi BCE alti più a lungo?
Un Bund a 2 anni più redditizio significa che, una volta che i tassi di riferimento saranno saliti al culmine atteso al 4,25%, vi resteranno probabilmente più a lungo di quanto previsto nelle settimane passate. Sempre i futures intravedono già un primo taglio dei tassi BCE nel primo trimestre del 2024, seguito da un secondo nel secondo trimestre. Gli analisti iniziano a immaginare tempi più lunghi. Probabile, quindi, che la svolta monetaria si abbia a partire dal secondo trimestre. Prematuro parlarne, dato che prima la stretta dovrà completarsi e i dati macro dovranno giustificare un cambio di passo.
Chiaramente, più i tassi BCE resteranno elevati e maggiori le pressioni sui titoli di stato italiani. A questi ritmi, ogni mese che passa l’Italia emette circa 40 miliardi di euro di debito pubblico. Lo spostamento di un trimestre in avanti del taglio dei tassi ha implicazioni non marginali sulla spesa per interessi. Poiché la durata media di un bond emesso dal Tesoro italiano è di sette anni, una volta che i rendimenti salgono, pesano per più bilanci dello stato. D’altra parte, inutile fare calcoli, quando ad oggi abbiamo un’inflazione al 7%.