Occhio alla beffa sulle pensioni! Per il 2025 dovrebbe essere confermata una misura che interesserà pochi lavoratori. Come canta Daniele Silvestri con il brano Le cose in comune: “Le cose che abbiamo in comune!”, ricordi sei tu che prima l’hai detto. Dicevi “ma guarda, lo stesso locale le stesse patate , lo stesso brachetto!” e ad ogni domanda una nuova conferma, un identico ritmo di vino e risate”.
Ogni anno il governo redige la legge di bilancio grazie alla quale dice addio o conferma le varie misure.
Beffa pensioni 2025: la conferma che interesserà pochi lavoratori
L’obiettivo di fine legislatura del governo è di attuare la tanto attesa riforma delle pensioni attraverso la quale dire addio alla legge Fornero. Un obiettivo indubbiamente importante, che richiede un notevole dispendio di risorse. Considerando le scarse disponibilità finanziarie, pertanto, lo Stato potrebbe decidere di rinviare ancora la riforma.
Nel frattempo il governo potrebbe decidere di prorogare alcune delle misure attualmente disponibili, come ad esempio Quota 103. Entrando nei dettagli, come spiegato sul sito dell’Inps:
“La legge di bilancio 2024 riconosce il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento, nel 2024, di un’età anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 41 anni. La pensione anticipata flessibile è determinata secondo le regole di calcolo del sistema contributivo, per un valore lordo mensile massimo non superiore a quattro volte il trattamento minimo, per le mensilità di anticipo del pensionamento rispetto ai requisiti ordinari previsti per la pensione di vecchiaia”.
Quota 103 potrebbe essere, pertanto, confermata anche nel 2025 nonostante si stimi che il numero di adesioni nel 2024 sia stato più basso del previsto.
Quota 41 con il metodo contributivo come alternativa a Quota 103
I requisiti per andare in pensione nel 2025 grazie a quota 103 sono ritenuti da molti lavoratori particolarmente stringenti.
Anche tale soluzione è stata oggetto di critiche, poiché soltanto nel 2025 peserebbe sulle casse dello Stato per 4 miliardi di euro. Al fine di ovviare a tale problematica l’esecutivo potrebbe apportare delle modifiche. Entrando nei dettagli, per rendere l’operazione finanziariamente fattibile potrebbe decidere di calcolare l’assegno pensionistico usando il metodo contributivo. Quest’ultimo permetterebbe allo Stato di riuscire a reperire più facilmente le risorse necessarie a sostenere Quota 41.
Tuttavia potrebbe creare malcontento nei pensionati che si ritroverebbero a ricevere un assegno più basso di quello a cui avrebbero diritto se avessero atteso di raggiungere il requisito anagrafico per accedere alla pensione di vecchiaia, ad oggi pari a 67 anni. Stando alle stime l’assegno potrebbe subire una riduzione che va dal 15% al 30%. Si tratta comunque, è fondamentale sottolineare, di ipotesi. Si attendono prossime comunicazioni ufficiali da parte dell’esecutivo per ottenere informazioni dettagliate in merito.