Ci sono specifici casi in cui il beneficio addizionale Rdc deve essere restituito all’Inps.
Ad esempio, il beneficiario del contributo può essere colpito da ipotesi di decadenza o sospensione del reddito di cittadinanza.
Nella circolare Inps n° 175/2021, l’Istituto di previdenza ha analizzato le specifiche ipotesi in cui il beneficio addizionale può essere revocato.
L’analisi è stata effettuata sulla base del decreto ministeriale 12 febbraio 2021, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, decreto che ha individuato le modalità di richiesta ed erogazione del beneficio in parola.
Il beneficio addizionale Rdc
Il benefico addizionale Rdc spetta ai percettori di reddito di cittadinanza, quale contributo ulteriore in caso di avvio di un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o di una società cooperativa entro i primi 12 mesi di fruizione dell’Rdc. Si tratta di un importo riconosciuto in unica soluzione, pari a sei mensilità del Reddito di Cittadinanza, nei limiti di 780 euro mensili.
Può presentare la domanda di beneficio addizionale non solo il richiedente il Rdc, ma anche i soggetti beneficiari di Rdc ricompresi nel nucleo familiare. In qualità di meri componenti, a esclusione del genitore non coniugato e non convivente nel nucleo, considerato parte del nucleo stesso ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del Regolamento ISEE.
Per ottenere il benefico addizionale: la variazione della condizione occupazionale nelle forme dell’avvio dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo da parte di uno o più componenti del nucleo familiare percettore del Reddito di cittadinanza (Rdc), deve essere comunicata all’INPS, mediante il modello “RdC-Com Esteso”, entro il giorno antecedente l’inizio della medesima attività.
Quando deve essere restituito?
L’articolo 5 del decreto ministeriale 12 febbraio 2021 citato in premessa, prevede che il beneficio addizionale possa essere revocato nelle seguenti ipotesi:
- qualora l’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale, oggetto di incentivazione, cessi prima di dodici mesi dall’avvio della stessa o nel caso in cui il percettore del beneficio addizionale abbia ceduto la propria quota di capitale sociale di una cooperativa, nella quale il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorativa da parte del socio, entro i dodici mesi dalla sottoscrizione della quota medesima (art. 5, comma 1, lett. a);
- qualora il Rdc, in corso di erogazione al momento della richiesta del beneficio addizionale, sia oggetto di revoca nelle ipotesi previste dal decreto-legge n. 4/2019 (art. 5, comma 1, lett. b).
Nella circolare n°175/2021, l’Inps ha chiarito che:
la revoca di natura sanzionatoria della prestazione principale di Rdc comporterà automaticamente l’iscrizione a indebito delle somme erogate in qualità di beneficio addizionale.
Un’ulteriore causa di revoca del beneficio addizionale può configurarsi qualora il beneficiario incorra nelle ipotesi di decadenza dal Rdc di cui all’articolo 7 del citato decreto-legge n. 4/2019 o sia destinatario di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria, emanato ai sensi del successivo articolo 7-ter del medesimo decreto-legge (art. 5, comma 1, lett. c).
Attenzione, a tal proposito l’Inps ha specificato che:
- ai fini della revoca dell’incentivo, vanno considerate esclusivamente le decadenze indicate espressamente dall’articolo 7 del decreto-legge n. 4/2019,
- non rilevano, invece, le decadenze dal beneficio non determinate da omesse dichiarazioni o da condotte illecite poste in essere dai beneficiari (ad esempio, le decadenze determinate da variazione del nucleo Rdc per motivi diversi da nascite e decessi, di cui all’articolo 3, comma 12, del decreto-legge n. 4/2019 o alle decadenze per superamento delle soglie reddituali e patrimoniali di cui all’articolo 2, comma 1, lett. b), del medesimo decreto-legge).
Quelle appena elencate, sono le principali cause di revoca del beneficio addizionale Rdc.