Berlusconi e De Benedetti, come dire il diavolo e l’acqua santa (fate voi chi sia l’uno e l’altro), il bianco e il nero, sempre agli antipodi nel panorama del capitalismo italiano. Entrambe le famiglie hanno i loro guai con le rispettive aziende che hanno creato e di cui fiutano la crisi da tempo. In questi giorni, è esplosa come una bomba la querelle tra Carlo De Benedetti (CdB) e i figli, dopo che l’Ingegnere ha avanzato un’offerta per rilevare il 29,9% di GEDI, la holding che controlla il Gruppo L’Espresso che edita La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX e Business Insider Italia solo per limitarci alle grandi testate.
CdB vorrebbe tornare a capo dell’impero editoriale che ha creato, ritenendo i figli pubblicamente degli incapaci. Mai il motto “i panni sporchi si lavano in famiglia” era stato così disatteso. E mai avremmo pensato che potesse accadere qualcosa di simile in una delle famiglie del capitalismo italiano più riservate e votate al bon ton. Qual è il problema di fondo? Anche il Gruppo L’Espresso è attraversato dalla crisi della carta stampata e nonostante sia stato tra i pionieri dell’informazione online, negli ultimi tempi subisce la concorrenza de Il Corriere della Sera di Urbano Cairo, forse risentendo dello smarrimento dell’elettorato progressista, di cui da sempre è riferimento indiscusso in Italia.
Il titolo GEDI è schizzato del 15% da 25 a 29 centesimi dopo l’annuncio (respinto) dell’offerta. “Dovrebbero ringraziarmi”, spiega CdB, riferendosi niente di meno che ai figli.
Mediaset si trasferisce in Olanda, ecco perché e dove Berlusconi pagherà le tasse
Sfuma l’affare olandese per Mediaset?
Ma questa settimana, Vivendi ha ritirato l’impugnazione dinnanzi al tribunale olandese (per il momento), mentre può ritenersi soddisfatta della decisione della Corte di Madrid di sospendere cautelativamente la fusione di Mediaset Espana con il resto del gruppo e il successivo trasferimento della sede legale in Olanda, in attesa di sentenziare sul punto. Qual è il problema? Fininvest, che insieme alla famiglia Berlusconi e alle azioni proprie detiene il 44% di Mediaset, vuole approfittare della legislazione olandese per mantenere con certezza il controllo della società contestualmente ai propositi di creazione di un gruppo dei media europeo, pur senza il bisogno di arrivare al 50%+1 delle azioni, grazie alla facoltà consentita dalle norme agli azionisti di differenziare il numero dei voti in assemblea sulla base dell’anzianità del possesso.
La famiglia Berlusconi teme di perdere il controllo di Mediaset e per questo ha varato il piano MFE, che inizia a traballare. Affinché vada in porto, le norme olandesi richiedono che venga attuato entro 6 mesi dalla delibera, cioè entro marzo 2020.
E se i giornali della famiglia De Benedetti vendono meno, le TV dei Berlusconi fanno minori ascolti e il fallimento di Mediaset Premium, pur godendo per un triennio dei diritti per la Champions League, dimostra che un’era di successi è volta al termine. Per non parlare del Milan, simbolo del berlusconismo, venduto a un fantomatico magnate cinese nel 2017 e ridottosi a rincorrere squadre di metà classifica in Serie A e sotto una governance raccapricciante. In tutto questo, sembra che così come i successi degli uni alimentano quelli degli altri, venuti meno, entrambe le famiglie accusino i problemi e siano finiti per appannare l’immagine vincente di un tempo, rimasta solo un lontano ricordo che le nuove generazioni al comando non hanno il tempo di contemplare, alle prese con patemi ben attuali.
Così il governo giallorosso consegnerebbe Mediaset ai francesi di Vivendi