Silvio Berlusconi ha lanciato il sasso nello stagno e le onde concentriche a cui ha dato vita hanno provocato uno tsunami politico. Dalle colonne di Repubblica, il quotidiano storicamente a lui nemico, si è detto pronto ad andare al governo, ma con un’altra maggioranza, qualora si creassero le condizioni. Ha aggiunto che questa andrebbe ricercata, anzitutto, tra gli alleati del centro-destra e che non potrebbe coinvolgere il Movimento 5 Stelle, da cui si sente diviso su tutto. L’ex premier torna al centro delle cronache e dei giochi politici.
Forza Italia chiede una commissione d’inchiesta sulla vicenda, che nei fatti segnò la fine politica di Silvio. Ma il senso di quanto stia accadendo sarebbe un altro: un tentativo (di chi?) di riabilitare l’ex premier per renderlo meno inaccettabile agli occhi degli elettori del centro-sinistra e grillini nel caso di un suo ingresso in maggioranza. A che pro? Gli azzurri puntano a votare a favore della richiesta degli aiuti del MES, a cui si oppongono strenuamente i 5 Stelle e, dalle opposizioni, Lega e Fratelli d’Italia.
Il “sì” di Berlusconi al Fondo di salvataggio è tutt’altro che casuale. In aprile, l’authority tedesca ha consentito alla sua Mediaset di salire fino al 25% di ProSiebenSat, la TV satellitare di cui effettivamente oggi Cologno Monzese detiene proprio il 24,9%. L’operazione è finalizzata a creare un colosso europeo delle telecomunicazioni, chiamato MediaForEurope, con sede in Olanda e testa a Milano, che tra gli assets possiede anche Mediaset Espana. Un modo per fare concorrenza a un altro gigante: la francese Vivendi, che è arrivato a un passo dal soffiare sotto il naso dei Berlusconi il controllo di Mediaset.
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Il baratto sul MES
L’ok di Forza Italia al MES è puramente strumentale e finalizzato a ricevere il placet tedesco all’acquisizione di ProSiebenSat e ad evitare brutti scherzi altrove al suo progetto paneuropeo. E affinché questo non naufraghi è necessario che l’AgCom faccia la sua parte, tenendo in agghiaccio la quota di Vivendi in Mediaset sopra il 10%. E i vertici dell’authority sono scaduti ormai da un anno e il loro rinnovo è atteso per il 14 del mese. Camera e Senato hanno il compito di nominare due consiglieri a testa, mentre il premier decide il presidente, sentito il ministro dello Sviluppo e ottenuto il via libera dei due terzi i componenti delle commissioni parlamentari.
Berlusconi teme che Giuseppe Conte nomini una qualche personalità a lui invisa e spera con questa mossa di spingere la maggioranza a concordare con Forza Italia i nomi dei garanti. Quanto all’ingresso nel governo, senza il sostegno dei 5 Stelle non sarebbe possibile. I numeri dicono che Forza Italia e PD, senza defezioni, avrebbero appena un terzo dei seggi in Parlamento. Servirebbe l’appoggio anche di almeno la Lega, cosa al momento affatto scontata, ma nemmeno un’ipotesi repentina come crediamo. Mettiamo anche che gran parte dei grillini tiene più ad essere rieletto che alla coerenza, già cestinata con la nascita del Conte-bis.
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Le tentazioni di Silvio
C’è chi sospetta che la strategia di Berlusconi sia più maligna: far credere al PD di entrare in maggioranza se mollerà l’M5S, salvo tirarsi indietro dopo che il governo Conte sarebbe caduto, portando l’Italia ad elezioni anticipate. In quel caso, se il centro-destra vincesse le elezioni, egli si farebbe eleggere presidente della Repubblica.
Di certo c’è che il PD non sopporti più Conte, premier invaghito di sé stesso e profondamente inconcludente. Che i 5 Stelle siano lacerati tra la voglia di tornare battaglieri nelle piazze e quella non meno forte di conservare le posizioni di potere acquisite. Che la Lega punti a tornare centrale nei giochi di palazzo e che Forza Italia, che nulla più ha da perdere, intenda far pesare come il piombo i suoi distinguo rispetto agli alleati “sovranisti”. Le carte potrebbero rimescolarsi già con le nomine AgCom e il voto parlamentare sul terzo scostamento di bilancio in 5 mesi. Occasioni troppo ghiotte per Silvio e sfide di sopravvivenza per i grillini, i quali non potrebbero accettare mai e poi mai di venire associati all’arci-nemico berlusconiano.
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