Il dilemma di Forza Italia
In fondo, più risorse a Lombardia e Veneto significa minori stanziamenti per Sicilia, Campania, Sardegna, Puglia, Calabria, etc. E’ un gioco a somma zero, non esisteranno soluzioni che accontentino tutti, semmai solo un compromesso onorevole, non di più. Comunque sia, sui due referendum per l’autonomia fiscale si gioca il futuro del centro-destra, almeno sul piano dell’identità. Schierarsi contro evidenzia la tentazione dei partiti che compongono la coalizione di restare ancorati al passato, di non perseguire alcuna linea realmente riformatrice degli assetti istituzionali e dell’agenda economica, promesse che almeno fino alle passate legislature venivano formalmente sbandierate.
Forza Italia rischia di restare vittima dei suoi stessi giochi politici, ampliando le distanze con quel ceto medio del nord, che pure è stato nucleo del suo elettorato per oltre un ventennio. Nel suo caso, si tratterà di scegliere se diventare il partito della conservazione dello status quo o se porsi a capo di un cambiamento di stampo liberale, che in un quarto di secolo non gli è riuscito proprio per una classe dirigente spesso antitetica rispetto ai programmi, oltre che per alleati poco avvezzi alle riforme. Berlusconi dovrà decidere se all’ultimo giro vorrà fare del suo partito un raccoglitore di istanze eterogenee e complessivamente assistenziali, oppure se ambire a tornare in scena con un progetto chiaro e dall’identità liberale forte, come dal 1994 al 2013. Nel secondo caso, non potrebbe che appoggiare i referendum. (Leggi anche: Rinascita politica di Berlusconi a 81 anni, Palazzo Chigi non più così lontano)