Agli inizi del 2019, il mercato dei bond italiani navigava in un mare in tempesta. Malgrado l’accomodamento monetario della BCE con i tassi negativi (il “quantitative easing” era stato, invece, sospeso per l’intero anno), i rendimenti sovrani volavano sulle tensioni tra Italia e Unione Europea sul deficit pubblico. Il Tesoro emise il BTp 1 settembre 2049 con cedola 3,85% (ISIN: IT0005363111) a un costo che si sarebbe rivelato abnorme solo pochi mesi dopo, quando la quotazione del titolo s’impenno fin sopra 145.
Saliscendi per prezzi bond
Il titolo sbarcò sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana a un prezzo appena sopra la pari, chiudendo la sua prima seduta dell’11 febbraio 2019 a 100,40. Ieri, quotava a meno di 95,80 centesimi. Dopo il boom legato alla distensione delle relazioni con Bruxelles prima e al varo del PEPP della BCE dopo, inevitabilmente ha seguito il crollo dei bond per via della reflazione e del conseguente rialzo globale dei tassi d’interesse. Dunque, il disinvestimento sarebbe avvenuto in perdita del 5%, pari a poco più del 4% netto.
Tuttavia, nel frattempo il BTp 2049 ci avrebbe staccato più di tre anni e mezzo di cedole per un controvalore effettivo netto pari al 12% del nostro investimento. Il saldo complessivo sarebbe risultato, quindi, decisamente positivo: quasi +8%. Se ci fermassimo qui, potremmo affermare che si sarebbe trattato, comunque, di un buon investimento. Magari avremmo sbagliato a disinvestire tardi, visto che rivendendo il bond a pochi mesi dall’emissione avremmo portato a casa un risultato positivo eclatante.
BTp 2049 al test dell’inflazione
In realtà, entra in gioco proprio il fattore inflazione, che tanto in questi mesi ci sta facendo penare.
Resta il fatto che oggi come oggi il BTp 2049 ci offre un rendimento alla scadenza netto del 3,60%. In un’ottica di medio-lungo termine, l’inflazione sarebbe battuta, se prendiamo come riferimento il target BCE del 2%. Resterebbe un affare, se il nostro obiettivo fosse oggi di acquistarlo per tenerlo in portafoglio fino alla fine. In alternativa, potremmo sempre attendere che la quotazione risalga nei prossimi anni. Ed è assai verosimile che accada prima della scadenza, anche perché nel frattempo la durata residua del bond si accorcia e il rendimento nominale preteso dal mercato scende.