E’ stato appena lanciato Bitcoin Gold (BTG), la moneta digitale nata dalla seconda scissione in appena tre mesi della più popolare. I risultati di queste prime ore di scambi non appaiono granché positivi, con le quotazioni ad arretrare del 6,5% a poco sopra i 131 dollari. Prestissimo, però, per ricavarvi una qualche indicazione solida. Se è vero che Bitcoin Cash, il frutto della prima scissione di questa estate, segna -40% dal debutto, è altrettanto vero che ciò non solo non ha impattato negativamente sulle quotazioni della moneta principale, ma anzi le ha sostenute, raddoppiando all’attuale livello di quasi 5.900 dollari.
D’altra parte, nessuno perde niente: i possessori dei Bitcoin hanno ottenuto un pari numero di Bitcoin Gold, per cui in portafoglio si ritrovano automaticamente assets dal valore superiore. La seconda “fork” si è resa necessaria per decentralizzare ulteriormente la gestione della “criptomoneta”. Nel frattempo, un’indiscrezione riportata dal quotidiano tedesco Die Welt sarebbe esplosiva, se confermata: Amazon sarebbe prossima ad accettare Bitcoin come metodo di pagamenti dei suoi utenti per gli acquisti online realizzati. (Leggi anche: Record Bitcoin: rivoluzione digitale, non tulipani olandesi)
Amazon accetta Bitcoin?
Il colosso della Silicon Valley non ha commentato i rumors e un suo dirigente si è limitato a replicare che la società accetta nuovi prodotti e servizi, se sono utili ai clienti. Se non è un’implicita ammissione, poco ci manca. Se davvero il principale venditore retail online al mondo iniziasse ad accettare Bitcoin per i pagamenti, saremmo dinnanzi a una rivoluzione digitale di portata storica, perché a quel punto sarebbe sancito l’ingresso ufficiale dei Bitcoin quale mezzo per realizzare acquisti, spingendo con ogni probabilità competitors globali a fare altrettanto. Si pensi solamente ad Alibaba, così come anche altri giganti del web, come Google.
E secondo Peter Thiel, fondatore di Paypal, attivo nell’ambito delle operazione di “ventur capital”, nonché sostenitore del presidente Donald Trump (tra i pochi tycoon ad avervi fatto persino campagna elettorale), i Bitcoin sarebbero una sorta di “oro digitale”. Partecipando alla conferenza finanziaria di Riad, in Arabia Saudita, l’uomo ha sostenuto che la moneta digitale più popolare al mondo fungerebbe da riserva di valore, similmente al metallo, pur sostenendo di diffidare da gran parte delle altre “criptomonete” esistenti oggi (oltre un migliaio). A conti fatti, ha spiegato, non risulta nemmeno necessario per i pagamenti. In sostanza, acquistare Bitcoin avrebbe senso anche solo per il fatto di essere in grado di preservare il valore dell’investimento. (Leggi anche: Bitcoin versus oro: nuovo bene rifugio?)
La benedizione del patron di Paypal conta
L’opinione di Thiel non è quella di un uomo qualunque. Anzitutto, perché egli è a capo di una delle realtà più innovative e importanti nel panorama della fintech e si consideri che la sua voce è molto ascoltata alla Casa Bianca, avendo finanziato Trump, quando la quasi totalità di Wall Street quasi lo derideva in campagna elettorale, avendo pure fatto parte del cosiddetto “transition team”, la squadra messa su per traghettare gli USA dall’amministrazione Obama a quella attuale. E Thiel non è nemmeno l’unico nel mondo repubblicano a sostenere i Bitcoin. Anche altri uomini-chiave al Congresso per le tematiche relative alle finanze si sono espressi in favore della moneta digitale, ponendo forse fine a una lunga fase negli USA, in cui le autorità hanno guardato in forte cagnesco a questa nuova realtà digitale.
Del resto, se Bitcoin sia o meno una bolla lo diranno i fatti sulla base del grado di accettazione nel mondo come metodo di pagamento. Se un numero crescente di colossi dovesse consentire ai clienti di farvi ricorso, confidando nella tenuta delle quotazioni nel tempo, diverrebbe una moneta a tutti gli effetti e potenzialmente dal valore crescente, essendo l’offerta limitata e prefissata a un massimo di 21 milioni di unità.